Steven Erlanger 8
ottobre 2012 THE NEW YORK TIMES New York
La Catalogna potrebbe
diventare la scintilla di una nuova ondata separatista nell’Unione europea, ed
essere seguita da presso da Scozia e Fiandre. Il grande paradosso dell’Ue – che
si fonda sul concetto della sovranità condivisa – è che abbassa l'asticella
spingendo le regioni a battersi per la propria autonomia.
Mentre dalla crisi
della zona euro potrebbe emergere un’Unione post-nazionale, caratterizzata
dall’impulso verso una maggiore unione fiscale e un controllo più centralizzato
sui budget e le banche nazionali, la crisi ha accelerato le ambizioni
separatiste delle regioni più ricche dei paesi membri, che non vogliono più
finanziare i loro vicini più poveri.
Il presidente
catalano Artur Mas ha sconvolto la Spagna e i mercati convocando elezioni
regionali anticipate e promettendo di indire un referendum sull’indipendenza
dalla Spagna, anche se Madrid lo considera illegale. La Scozia vuole fissare
per l’autunno del 2014 un referendum sull’indipendenza. I fiamminghi hanno
ormai raggiunto un’autonomia pressoché totale, sia sul piano amministrativo sia
su quello linguistico, ma sono tuttora profondamente risentiti per l’egemonia
dei francofoni della Vallonia e dell’élite di Bruxelles. La prova potrebbe
essere costituita dalle elezioni provinciali e comunali in programma per il 14
ottobre.
Come nei matrimoni,
esistono innumerevoli cose che tengono uniti i paesi anche a malincuore: una
storia comune, guerre comuni, figli in comune, nemici comuni. Ma la crisi
economica nell’Unione europea sta mettendo in luce anche antichi dissapori.
In Catalogna come
nelle Fiandre molti pensano di pagare ai governi centrali molto più di quanto
ricevono. Da questo punto di vista è una replica in piccolo della controversia
della zona euro, in cui i paesi settentrionali più ricchi come Germania,
Finlandia e Austria deplorano il fatto che le loro relative ricchezze e il loro
successo siano prosciugati per tenere a galla paesi come Grecia, Portogallo e
Spagna.
“L’espansione
complessiva dell’integrazione europea di fatto ha abbassato l’asticella del
secessionismo, perché le entità emergenti sanno di non dover essere del tutto
autonome e indipendenti”, ha detto Mark Leonard, direttore del Consiglio
europeo per le relazioni estere. “Sanno che avranno accesso a un mercato di 500
milioni di persone e ad alcune delle garanzie dell’Ue”.
Heather Grabbe, che
ha lavorato per cinque anni come consulente politica del commissario Ue per
l’allargamento, è d’accordo: “Se si è un piccolo paese dell’Ue, come Malta o il
Lussemburgo, è verosimile che a Bruxelles si sia sovrarappresentati rispetto
alle proprie effettive dimensioni”. Adesso dirige l’Open society institute di
Bruxelles e sostiene che la variabile cruciale del separatismo è più una
questione di rancore storico e di lingua che una questione di soldi.
“Buona parte della
pressione riguarda il riesame dei vecchi insediamenti, le sconfitte, gli
accordi su chi fa cosa per i bilanci centrali”, spiega Grabbe, “però quando si
arriva alla questione della stretta creditizia, non si parla più di soldi ma di
miti nazionali, identità, metaracconti ed emozioni: ‘Ci sentiamo oppressi?
Siamo abbastanza sicuri di noi da andare avanti da soli?’ I fantasmi del
passato ritornano e mentre le economie rivestono un ruolo preciso. In
definitiva la gente vota col cuore”.
Tutti
membri?
La crisi però ha
rappresentato anche un vero dilemma per i leader regionali, perché ha messo in
pericolo il potere di attrazione dell’Unione europea. In Scozia, per esempio, è
prevalsa la teoria secondo cui dopo l’indipendenza potrebbe unirsi all’Unione
senza tanti problemi, in quanto gli scozzesi sono già cittadini Ue. Dopo tutto,
circa 20 milioni di tedeschi dell’est sono diventati cittadini dell’Unione
nell’arco di una sola notte senza dover neppure fischiettare l’inno nazionale.
Ma la Scozia erediterebbe la possibilità del Regno Unito di “tenersi fuori”
dall’euro o in qualità di nuovo stato dell’Ue dovrebbe necessariamente
impegnarsi nei confronti della valuta unica? E se è così, a chi toccherebbe la
responsabilità di salvare la Banca di Scozia se ce ne fosse bisogno?
L’Ue è
tradizionalmentepopolare tra le leadership politiche di queste regioni, dice
Josef Janning, direttore della ricerca all’European policy center. “Ritengono
che rafforzare i poteri di Bruxelles significhi per i governi una perdita
importante di prestigio e autorità a livello nazionale, un processo accelerato
dal mercato unico in Europa”. Molti di loro hanno costituito gruppi regionali
che bypassano il governo centrale – la Catalogna con il Baden-Württemberg in
Germania, Rhône-Alpes in Francia e la Lombardia in Italia, per esempio, che si
fanno chiamare “i quattro motori trainanti d’Europa” e insieme hanno un pil più
grande di quello della Spagna.
“A questo punto
però”, prosegue Janning, “subentra la crisi” che costituisce un rompicapo per
le regioni, in quanto comporta anche una nuova concentrazione di poteri da
parte delle capitali nazionali nello sforzo di ridurre le spese. “Adesso gli
occhi tornano a essere puntati su Madrid, Roma, Parigi e Berlino, le
opportunità regionali sono compresse e i ricchi sono costretti a pagare”.
Se i leader europei
credono che la risposta alla crisi sia “più Europa” – una soluzione di norma
gradita alle regioni separatiste – gli elettori e i contribuenti europei sono
scettici. Leonard, del Consiglio europeo per le relazioni estere, qualche
giorno fa a Barcellona ha detto che le autorità catalane gli hanno posto
ossessivamente domande sulla Scozia: “Le loro conoscenze sulle questioni
interne della Scozia erano di gran lunga più approfondite delle mie, e a questo
punto è chiaro che stanno tutti osservandosi e sfidandosi a vicenda”. (Traduzione
di Anna Bissanti)
Opinione
Il ritorno del tribalismo
In un articolo sulle
crescenti tensioni separatiste in Spagna, Italia e Germania, il redattore
economico di Bloomberg Businessweek Peter Coy sottolinea
che molte nazioni europee sono tali soltanto da poco tempo. Per gran parte
della loro storia sono stati territori, reami, ducati, principati e città stato
rivali. Erano legati dalla lingua e dalla cultura, ma separati da un forte
tribalismo.
L’unità europea,
insiste Coy dipende dall’unità delle nazioni, che oggi scarseggia. In Italia la
Lega Nord si lamenta del fatto che le ricche regioni settentrionali come
Lombardia e Piemonte vengano prosciugate dal Mezzogiorno. In Germania il 30
agosto un tale Wilfried Scharnagl, ex redattore di un settimanale, ha chiesto
l’indipendenza della Baviera, unitasi all’impero tedesco nel 1871 conservando
il suo servizio postale e (per alcuni anni) il suo re.
Secondo Businessweek
la colpa di queste tensioni è anche del progetto europeo, parto della fantasia
di “élite cosmopolite che si considerano prima di tutto europee.
Le élite hanno
anticipato i loro popoli, che al tempo erano poco 'europei' e oggi lo sono
ancora meno. In uno sondaggio condotto a maggio dall’Unione europea, il 63 per
cento degli spagnoli ha dichiarato di sentirsi molto legato alla propria città
o villaggio. Tuttavia soltanto il 49 per cento si sentiva molto legato al
proprio paese, e appena il 10 per cento ha dichiarato di sentire un profondo
legame con l’Ue. Dopo il 2010 la fedeltà 'locale' degli spagnoli si è
costantemente rafforzata, mentre i sentimenti di appartenenza verso la nazione
e il continente si sono indeboliti.
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