Jean
Quatremer 23 novembre 2012 LIBERATION Parigi
Dal punto di vista
politico la Commissione europea è in crisi. Chi ancora aveva dei dubbi ne ha
avuto la dimostrazione in questi giorni: mentre dovrebbe difendere davanti ai
27 capi di stato e di governo la sua proposta di legge di programmazione per il
bilancio 2014-2020 ("quadro finanziario pluriennale"), il più
importante atto della legislatura e quello che orienterà l'Unione nei prossimi
sette anni, la Commissione è semplicemente assente dai dibattiti.
Nessuno – né gli
stati, né i media né i cittadini – si interessa più a quello che ha da dire.
Non si tratta di un omicidio, ma di un suicidio orchestrato dal suo presidente,
José Manuel Durão Barroso. Una vera e propria tragedia per un'istituzione che è
stata uno dei motori della costruzione europea in un passato non troppo
lontano.
Dal punto di vista
storico la battaglia sul bilancio aveva sempre mobilitato l'intera Commissione.
Questa istituzione è il motore dalla manovra, poiché ha il ruolo propositivo e
i mezzi per orientare l'Unione europea stessa, se riesce a convincere gli stati
e l'opinione pubblica della validità della sua azione. Una situazione non
facile ovviamente per un'istituzione la cui legittimità è fragile e che di
conseguenza deve adottare un comportamento molto politico. Perché la politica
non è solo agire, ma convincere del fondamento della propria azione.
Jacques Delors,
presidente della Commissione fra il 1985 e il 1995, era molto bravo in questo. Inventore
nel 1987 delle "prospettive finanziarie" o legge di programmazione
finanziaria che era destinata a mettere fine agli annuali drammi finanziari,
non ha mai trascurato nessun settore dell'azione politica. Un lavoro molto
faticoso, ma che ha dato i suoi frutti.
Nel 1992 ho seguito i
negoziati del "pacchetto Delors II" (1993-1999) e mi ricordo del
lungo lavoro preventivo di spiegazione e persuasione della Commissione presso i
media, intermediari fondamentali con l'opinione pubblica europea. Lo stesso
Delors, ma anche il suo capo-gabinetto Pascal Lamy, i commissari, i direttori
generali della Commissione, tutti si impegnavano a fondo in questa attività in
occasione di incontri informali, ufficiali e in conferenze stampa per spiegare
il significato della manovra. Una macchina per convincere di incredibile
efficacia, che ha continuato a funzionare anche sotto Jacques Santer e Romano
Prodi.
Con Barroso invece
tutto si è bloccato. Il presidente della Commissione non è mai stato un buon
comunicatore ed è a disagio con la stampa. Ma chi pensava che il quadro
finanziario 2014-2020, che sarà il suo testamento politico, avrebbe risvegliato
Barroso dal suo letargo, si è sbagliato. Al contrario, la situazione è
peggiorata ancora di più.
Il 29 giugno 2011 c'è
stata una conferenza stampa tardiva e frettolosa per presentare il corposo documento
della Commissione, senza nessuna azione preventiva per preparare il
terreno. Ma come fare delle domande quando si scopre il progetto nel momento
stesso in cui è presentato? Tutti hanno dovuto arrangiarsi per capire di che
cosa si trattava. Un compito estremamente scoraggiante vista la complessità
della materia. Solo un portavoce si è fatto carico di decifrare per i media le
grandi linee del quadro finanziario.
E poi? Nulla,
assolutamente nulla. Un anno senza comunicazione all'esterno. Un presidente
assente, che cerca soprattutto di contrastare l'influenza del presidente del
Consiglio europeo Herman Van Rompuy presso gli stati e il Parlamento europeo,
dei commissari bloccati che osano a malapena parlare con i media, dei direttori
generali chiusi nei loro uffici invece di spiegare l'importanza dei negoziati.
Il risultato è stato
quello di lasciare campo libero agli stati, che possono dire tutto il male che
pensano delle proposte della Commissione (e che non si fanno certo pregare), e
a Van Rompuy, incaricato al posto della Commissione di trovare un compromesso a
partire dalle cifre dell'esecutivo europeo. Una volta presi in mano i
negoziati, Van Rompuy si è impegnato a comunicare, ma di fronte a sé non ha
trovato più nessuno.
Perché la Commissione
è semplicemente scomparsa dal dibattito politico. Non è certo lamentandosi o
rimanendo nei corridoi di Bruxelles che si può influenzare l'opinione pubblica.
Chi può citare l'ultima intervista di Barroso? Non è difficile rispondere:
nessuno, perché non parla più con i media. E non è certo il discorso
pronunciato il 21 novembre davanti al Parlamento europeo che permetterà di
salvare il salvabile quando quasi nessuno va a Strasburgo a causa
dell'Eurogruppo e del Vertice europeo da preparare.
Nel suo meschino
gioco istituzionale, Barroso ha dimenticato di convincere i cittadini europei
che fa politica e non lobbying. Da questo punto di vista Barroso è doppiamente
perdente: nei confronti degli stati che disprezzano ogni giorno di più la sua
istituzione, e di fronte all'opinione pubblica che lo ignora ogni giorno di
più. Complimenti! (Traduzione di Andrea
De Ritis)
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