Ma andiamo con ordine: sulla cosiddetta agenda Monti il Sindaco di
Firenze la definisce “irrinunciabile”, Vendola non fa mistero di detesta
appellandola come “il passato che affama” mentre il «moderato» Bersani è
disposto a conservarla a patto che si introducano “sostanziali” ritocchi
sull’occupazione, sulla crescita, sulla formazione, sulla ricerca. Praticamente
su tutto.
Identico copione sull’Europa: Renzi sostiene
senza se e senza ma ilfiscal
compact, il patto di bilancio europeo formalmente definito
“Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e
monetaria”. Patto che il Governatore pugliese aborra mentre il
Segretario-benzinaio PD accetta ma con i dovuti distinguo essenzialmente legati
alla necessità di riconoscere maggiore respiro alle politiche di bilancio
nazionali.
Siamo alle solite: ci credo ma non troppo,
voto la fiducia (a Monti) ma ne ho poca, e via dicendo.
La musica invece cambia radicalmente quando
si parla di tasse, di lavoro e di welfare. Dal corpo a corpo del tutti contro
tutti, prendono corpo le più improbabili convergenze, anch’esse, sia mai, con i
soliti ed infiniti distinguo tipici della sinistra.
Sulla “patrimoniale” l’alleanza vira
decisamente a sinistra: Bersani con Vendola chiedono la tassazione della
ricchezza e dei patrimoni (la famigerata “patrimoniale”), Renzi, si smarca
puntando su un cavallo di battaglia della destra, il taglio delle tasse
(Irpef).
Per rilanciare la crescita Bersani trova un
alleato in Renzi nel puntare tutto sul potenziamento e rafforzamento della
piccola e media industria (ricetta che, fra l’altro, fa a pugni con la linea di
Rossi che intende puntare su ciò che resta della grande industria) anche se poi
i due tornano a separarsi drasticamente sulle azioni da mettere in campo. Se
per Renzi la banda larga e la smart mobilitiy sono priorità irrinunciabili,
Bersani vorrebbe un maggior sostegno alla ricerca, all’aggregazione in reti
d’impresa e alla capitalizzazione.
Vendola, proprio non ci sente e punta dritto
sulla green economy (pallino anche di Rossi, grande elettore di Bersani).
Conservazione, contraddizioni, nuovismo. La
“ribollita delle primarie” sa sempre più di rancido e si fa strada la
convinzione che il nuovo centrosinistra sarà, forse, la brutta copia dello
storico ed inconcludente Ulivo.
Chiunque vincerà le primarie sarà ostaggio
dei suoi sodali, come Prodi lo fu di Mastella, Di Pietro e, soprattutto, di
Bertinotti. E, si sa, contro le congiure non c’è rottamazione né rottamatore
che tenga.
Prezzemolo
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