Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 9 novembre 2012

ITALIA - La paura del diverso genera mostri. Anche in parlamento

Bocciato alla Camera il testo contro l'omofobia e la transfobia: sintomo della regressione culturale in cui sta piombando l'Italia.

Ma lo sapete che a voi è permesso esercitare un diritto che ad altri è proibito?

Dovrebbe essere questa la materia della prima lezione del corso, se mutuassimo dalla Chiesa la preparazione dei promessi sposi al matrimonio, facendo proselitismo laico e civile per rapporti maturi, improntati all'amore, amicizia, tolleranza e accoglienza degli altrui desideri e delle altrui inclinazioni, in modo che si possano davvero esercitare uguali diritti nel rispetto delle differenze. Perché la legge non vieta il matrimonio ad assassini, ergastolani, mafiosi, pedofili, purché eterosessuali, mentre lo nega agli omosessuali, poco importa se cittadini integerrimi e virtuosi, trasformando, come ormai sembra essere moderna consuetudine, un diritto in privilegio.

Il 7 novembre scorso è stato bocciato in Commissione giustizia alla Camera il testo base contro l'omofobia e la transfobia che prevedeva l'estensione della legge Mancino, cioè l'introduzione di un'aggravante per i reati basati sulla discriminazione in base all'orientamento sessuale. Ora la battaglia si sposterà per la terza volta in Parlamento. Già il 26 luglio 2011, infatti, la Camera aveva affossato la cosiddetta "legge Concia". Si vede che siamo condannati a subire le sopraffazioni di una maggioranza parlamentare ostile ai diritti, che hanno come stella polare il rispetto dell'altro, l'accettazione della diversità come fondamento dell'eguaglianza. Una maggioranza in commissione che in questo caso è ben collocata nelle file tradizionalmente conservatrici ma che interpreta il nuovo disprezzo per altre garanzie, altre prerogative, altre conquista di civiltà, altre ma tutte riconducibili comunque alla cancellazione dei principi cardini della democrazia. Ancora una volta vince così chi vede nell'altro da sé l'immagine dell'inaccettabilità e del pericolo, anche, probabilmente, di qualcosa di segreto e spaventoso che alberga dentro, inconfessabile e rimosso. E conduce anche a una legislazione che divide e rifiuta, legittimando comportamenti individuali e collettivi che inducono stigmatizzazione sociale, discriminazione e che finiscono per dare origine al diffondersi dell'intolleranza, di nuove forme di razzismo, di violenza. E non si tratta solo di leggi xenofobe, che hanno regolamentato l'arrivo nel nostro paese di poveri più disperati di noi in modo da considerare l'immigrazione come un problema di ordine pubblico, un rischio contro il quale era inutile e costoso adottare politiche sociali e da nutrire pregiudizio e ostilità, come autodifesa inevitabile del poco che ci resta. Talmente poco da farci rinunciare con i diritti degli altri anche ai nostri, a quelli di chi abbiamo intorno, a quelli di chi verrà.

Le norme "contro gli altri" hanno prodotto una regressione sociale e culturale che ci rende più vulnerabili alla sopraffazione e più permeabili alla penetrazione dei preconcetti, verso quelle che vengono considerate minoranze, ancorché numericamente rilevanti, espropriate di autodeterminazione, attraverso la riduzione di diritti: immigrati, rom, donne, malati, portatori di handicap, omosessuali. Colpiti tutti da analoghi respingimenti favoriti dalla nuova povertà, che limita anche le possibilità di vivere pienamente le relazioni, gli affetti, le inclinazioni.
Forze di governo hanno ieri rifiutato quanto è scritto nell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali sul divieto di "qualsiasi forma di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale". E non c'è da stupirsi, casi di eccellenza, presidenti di Regione con fidanzati molto fotografati e assessori molto popolari, non riscattano una moltitudine di emarginati e vilipesi, se politici non soltanto della destra più retriva ricorrono al dileggio o sobriamente ottengono comunque il risultato di escludere gli omosessuali dalle più elementari forme di riconoscimento delle scelte di vita che hanno il loro fondamento nel rispetto della persona e delle sue esigenze. Anche in questo caso la Chiesa che vuole imporre la sua discutibile e intermittente morale come etica pubblica, i vari "imprenditori della paura" del diverso, nutrono istinti bestiali in modo da introdurre politiche di controllo delle persone.
È perfino banale dire che si alimenta la bestialità mediante il rifiuto di quello che viene rappresentato come "animale": degli zingari sporchi, delle donne impure, dei neri che hanno altri odori, inducendo fobie nei confronti di quanto c'è di più umano e bello, l'amore, l'eros, la sessualità. Mentre non si condanna l'inumana rapacità, la voracità senza scrupoli, la violenza assassina, l'avarizia di sé che invece pochi animali esercitano, più generosi di noi.

A suo tempo nell'aula di Montecitorio si è bloccata la possibilità di approvare una norma contro l'omofobia, usando addirittura l'argomento di una sua incostituzionalità, da parte di chi la Costituzione l'ha già stracciata. Dopo il voto contrario del 2009, si era rinunciato ad introdurre un vero e proprio reato di omofobia, limitandosi a prevedere una semplice aggravante. Ma neppure questo è bastato. Si è detto che il riferimento all'"orientamento sessuale" è troppo generico, sicché la norma mancava della necessaria chiarezza e tassatività, lasciando troppo spazio alla discrezionalità dei giudici. E dire che stavolta è proprio l'Europa che ce lo chiede addirittura con quel Trattato di Maastricht, continuamente richiamato come un inesorabile diktat e su cui sono tornati il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Ancora una volta trionfa la volgarità becera di certi politici che additano al pubblico disprezzo i "culattoni" aiutati da un fanatismo confessionale che predica la violenza in nome della morale e della "natura". Ha ragione Martha Nussbaum: quando la politica del disgusto l'ha vinta sulla politica dell'umanità, vuol dire che la democrazia è cancellata, è il segno di una società che non dà uguale cittadinanza a tutti i comportamenti, che rifiuta istituzionalmente ogni loro legittimazione. L'eguaglianza consiste certo nel trattare in modo eguale situazioni simili, ma anche nel trattare in modo differenziato situazioni tra loro sostanzialmente diverse. Ma evidentemente qualcuno ha talmente paura del diverso che ha in sé, una bestia feroce che non sa controllare, da fargli preferire la repressione. È un brutto segno e un pessimo auspicio per la possibilità di essere umani e felici in questo mondo, anche per chi ritiene che ce ne aspetti uno migliore.

Anna Lombroso

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