Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 17 novembre 2012

MEDIO ORIENTE - Il nuovo potere di Hamas

In difesa di Gaza Qatar, Egitto, Tunisia, Turchia. Storici alleati Usa. Gli equilibri del post Primavera araba pesano sul conflitto con Israele. Iron dorme su Tel Aviv. Iran: “Rappresaglia contro i sionisti”

di Giovanna Faggionato

Sabato, 17 Novembre 2012 - A Gaza City, sotto i colpi dell’aviazione israeliana, tra le macerie e i lanciarazzi, va in scena un inedito spettacolo diplomatico. Dall'inizio dell'operazione militare chiamata con stridente eufemismo «Colonne di nuvole», le cancellerie del mondo musulmano si passano il testimone.
LA STAFFETTA DELLE CANCELLERIE. Il primo a essere accolto sulla terra arida della Striscia di Gaza, il 16 novembre, è stato il premier egiziano Hisham Kandil. Per il 17 novembre è atteso il ministro degli Esteri tunisino Rafiq Abdessalem e una delegazione della presidenza della Repubblica di Tunisi. Secondo indiscrezioni, poi, anche il premier turco Recep Tayyip Erdoğan sarebbe in partenza per Gaza: una visita ipotizzata già ai primi di settembre, ma a quanto pare concretizzata solo ora.
IL CORDONE DI SICUREZZA. La strategia dei leader arabi, insomma, sembra essere chiara. E forse concertata.
Il mondo sunnita sta stringendo un cordone di sicurezza (diplomatica) attorno alla Striscia. Per proteggere i palestinesi - probabile che Israele sia costretto quantomeno a ridurre l'intensità di fuoco per evitare incidenti internazionali - ma anche per mostrare a Tel Aviv i mutati assetti internazionali.

Il disgelo attorno a Gaza: effetto della Primavera araba


I primi segnali del cambiamento di clima attorno a Gaza erano arrivati a ottobre. Dopo cinque anni, dal 2007, l'isolamento che stringeva in una morsa la Striscia è stato infranto. La prima breccia è stata aperta dalla visita dello sceicco del Qatar, Hamad bin Khalifa al Thani, che ha portato in dono ai palestinesi 400 milioni di dollari e un riconoscimento politico insperato. Ancora prima, però, era stata Ankara a ventilare un viaggio nel francobollo di sabbia e cemento controllato da Hamas. Verso cui, oggi, mostra solidarietà persino Abu Mazen, il presidente della Palestina ed eterno avversario politico in crisi di credibilità.
L'ASCESA DELLA FRATELLANZA. Il disgelo è conseguenza diretta dell'impatto politico della Primavera araba: l'ascesa della Fratellanza musulmana, passata da una condizione di clandestinità alla presa del potere in Egitto e in Tunisia, ha modificato profondamente gli equilibri mediorientali. E ha rafforzato la sfera di influenza di Turchia e Qatar, nuove potenze economiche a guida sunnita.
Insomma, tra i palazzi sfregiati di Gaza City si stanno dispiegando le nuove relazioni diplomatiche nate dalle grandi rivolte del mondo arabo. E, forse, anche un nuovo assetto geopolitico.

«I difensori di Gaza? Alleati degli Usa»


Il frangente è delicato anche per gli Stati Uniti d'America. Dopo che il presidente Barack Obama ha rinnovato il sostegno al diritto di autodifesa di Israele, il segretario di Stato Hillary Clinton ha chiesto ad Egitto e Turchia di spendersi per far cessare le violenze. E i turchi, che pure hanno interrotto da due anni le relazioni con Tel Aviv, hanno risposto prontamente chiedendo alle due parti un cessate il fuoco.
IL RUOLO DELL'EGITTO. Nel nuovo mosaico di forze in campo, anche Il Cairo ricopre un ruolo strategico. L'Egitto di Mohammed Morsi deve destreggiarsi tra l'opinione pubblica filopalestinese, la Realpolitik dell'alleanza con gli Usa da cui dipende la sopravvivenza economica del Paese, e il rapporto con Hamas, cui la Fratellanza musulmana è legata a doppio filo dai tempi della clandestinità.
«Il conflitto (tra Israele e Palestina) mostra quanto la regione sia cambiata da quando è iniziata la Primavera araba», ha dichiarato al New York Times, Nathan Thrall, esperto di Medio Oriente per l'International Crisis Group. «Adesso quando Gaza è sotto il fuoco di Tel Aviv, la voce più grossa non arriva più dall'Asse della Resistenza di Iran, Siria e Hezbollah, bensì da due alleati degli Stati Uniti d'America Qatar ed Egitto».
Per Israele cambia tutto. Si tratta di scegliere se premere sull'acceleratore o cercare una soluzione negoziata. Ma i razzi che hanno raggiunto Gerusalemme e Tel Aviv rischiano di portare cattivi consigli

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