Pensare Globale e Agire Locale

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mercoledì 28 novembre 2012

NAZIONI UNITE - Mazen va al compromesso

Il leader dell'Anp Abu Mazen chiede lo status di osservatore all'Onu. Il Paese schiacciato dalla pace armata di Gaza.

di Barbara Ciolli

Mercoledì, 28 Novembre 2012 - Due popoli e due Stati. Ma, almeno uno dei due, con confini molto ridimensionati e senza poteri reali.
L'ultima chance di Mahmoud Abbas, nome di battaglia Abu Mazen, è il riconoscimento della Palestina come osservatore permanente dell’ONU. Una richiesta ridimensionata, rispetto a quella di Stato membro, che approda il 29 novembre 2012 all'Assemblea nazionale del Palazzo di Vetro, a New York.
La data non è casuale. Alla vigilia dell'attacco israeliano contro la Striscia di Gaza, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) aveva annunciato la sua decisione di porre al voto la questione nello stesso mese e giorno in cui 65 anni prima, con 33 sì e 13 no, le Nazioni unite approvarono la divisione della Palestina in due Stati, riconoscendo il diritto di esistere sia agli arabi sia - soprattutto - agli israeliani.
IL TRAMONTO DELL'ANP. Ma la guerra di Gaza, fermata dalla labile tregua tra il governo di Benjamin Netanyahu e Hamas, ha poi disegnato Abbas come l'ultimo dei vincitori, o il primo degli sconfitti: il leader politico che, complice il legame privilegiato tra Fratelli musulmani e Hamas, è rimasto escluso dalla grande reunion panaraba avviata al Cairo.
E dire che, tra i motivi che avevano spinto all'offensiva Israele, alla vigilia delle elezioni anticipate del 22 gennaio 2013, c'era anche la necessità di ridimensionare le ambizioni palestinesi all'Onu.
L'ASSEMBLEA È CON ABBAS. Con il sì di due terzi dell'Assemblea (130 voti su 193 Stati assicurati, tra i quali almeno 12 Paesi dell'Unione europea, incluso il sì deciso di Francia e Spagna e -adesso - anche l'inedita disponibilità della Gran Bretagna) praticamente in tasca, l'Anp era infatti pronta a bussare al Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi), per citare Israele per crimini di guerra e internazionali.
Ma, avvitata la spirale di tensioni, dopo l’omicidio mirato del capo militare di Hamas Ahmed al Jaabari, la Palestina è diventata un'osservata speciale. E i toni di Abbas si sono invitabilmente smussati.

Fuori dalla Corte dell'Aja e niente moratorie sui coloni: le clausole per il sì


Nel testo presentato alle Nazioni unite, stando alle indiscrezioni dei media israeliani, l'Anp non ha inserito accenni alla volontà di diventare membro della Corte dell'Aja: la Palestina, una volta approvato il suo ingresso come Stato non membro, ne avrebbe pieno diritto. Ma Abu Mazen non ha voluto urtare le richieste di Tel Aviv.
Sempre per non urtare la suscettibilità di Israele e dell'alleato statunitense, Abbas si sarebbe infine deciso a porsi all'Assemblea come il rappresentante di uno Stato che si impegna a riprendere i negoziati diretti con Israele, senza porre precondizioni o pretendere moratorie sulla costruzione degli insediamenti israeliani nella West Bank, la Cisgiordania. Cioè chiudendo un occhio sulle colonie che la destra sionista al governo ha mandato illegalmente avanti, nonostante i moniti della comunità internazionale.
L'USCITA DI SCENA DI BARAK. In ogni caso è difficile capire, con chi, a Tel Aviv potranno mai riaprirsi e consolidarsi queste trattative, visto che, tra gli uomini del nuovo esecutivo guidato dal Likud di Netanyahu, superfavorito nei sondaggi per le elezioni anticipate di gennaio, di certo non ci sarà più l'attuale ministro della Difesa Ehud Barak.
Annunciata la sua uscita definitiva dalla scena politica, l'ex premier laburista e generale plurimedagliato era rimasto l'unico a tendere la mano ad Abbas, anche questo novembre, sostenendo la «coraggiosa presa di posizione» del leader dell'Anp, nel «riconoscere il diritto all'esistenza anche di Israele».
FUORI DA AGENZIE E TRATTATI. Secondo il Wall Street Journal, inoltre, alla fine nel testo depositato all'Onu non è stata inserita alcuna proposta di adesione ad agenzie delle Nazioni unite e di sottoscrizione di trattati internazionali.
Il livello di pressioni è stato talmente alto che, dalle voci di palazzo, un diplomatico europeo avrebbe addirittura preteso da Abbas la precisazione che la richiesta della Palestina non è finalizzata all'«adesione a fondi e programmi».

Francia, Spagna e Gran Bretagna con Abu Mazen. E Hamas


In un clima di pace armata, l'Autorità nazionale palestinese - dal 1974 già presente, attraverso l'Olp di Yasser Arafat, all'Onu come osservatore non permanente, ma come “entità” e non come “Stato” - ha deciso di muoversi con i piedi di piombo. Passo dopo passo. Compromesso dopo compromesso.
Tra le opzioni ventilate in cambio dell'endorsement di potenze occidentali ancora caute (tra gli indecisi ci sono Germania e Italia) c'è, per esempio, la richiesta della Gran Bretafgna di far entrare la Palestina all'Onu, solo con il diritto di ricorrere all'Aja per eventuali violazioni future. Non per le operazioni militari passate, come gli omicidi mirati, né, tanto meno, per le violazioni territoriali degli insediamenti costruiti.
BRACCIO DI FERRO SULL'AJA. Finora i 121 Stati dell'Onu che fanno parte della Corte dell'Aja, organismo internazionale non direttamente legato a Palazzo di Vetro, lo hanno fatto aderendo allo statuto di Roma del 1998 (Usa e Israele hanno firmato, ma non ratificato il trattato). Una volta legittimata dalle Nazioni unite, la Palestina potrebbe, volendo, fare altrettanto.
Tanto più che non esistono mezzi coercitivi per obbligare uno Stato non membro come Israele a estradare i suoi cittadini verso un eventuale Stato membro come la Palestina, neanche su pressione dei giudici internazionali.
Nonostante queste garanzie, gli Stati Uniti di Barack Obama sono rimasti fermi sulle loro posizioni del veto, nell'ottobre 2011, in Consiglio di sicurezza per il riconoscimento come Stato membro, bocciando la richiesta di Abbas di due Stati sui confini del 1967 (il 22% della Palestina storica, quella pre-Israele), come una scorciatoia per scavalcare i negoziati diretti.
«PIENO APPOGGIO» DI HAMAS. Dalla parte di Abbas, in compenso, c'è la maggioranza dei Paesi in via di sviluppo e, in Europa, ci sono Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Irlanda, Paesi scandinavi e, sotto determinate condizioni, la Gran Bretagna.
Compatto con l'Anp è anche il governo di Gaza di Hamas, che ha assicurato «pieno appoggio» alla causa. «Chiederò una legittimazione internazionale, per giungere a uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme capitale. Siamo fiduciosi delle nostre azioni, otterremo i nostri diritti», ha dichiarato Abu Mazen alla folla di Ramallah. Debole, più che moderato. E con, sulle spalle, la scure della guerra.

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