Lluis Foix 23 novembre 2012 LA
VANGUARDIA Barcellona
Uno dei vantaggi di
questa campagna elettorale è che fortunatamente esiste un unico argomento che
preoccupa, interessa o inquieta i catalani. L’argomento è uno e uno solo. Se ne
parla nei bar, a casa, in ufficio, per strada. Trovare una trasmissione radio
che non se ne occupi fa un certo effetto: "Sono ancora nel mio paese?"
L’argomento è
onnipresente. Abbraccia tutto, avvolge tutto. Invade e domina i dibattiti
televisivi. Si muove in ogni ambito e direzione. Sono stato contattato da
giornalisti americani, britannici, tedeschi, italiani e svedesi che mi hanno
chiesto di parlargli dell’argomento.
È come se
l’argomento, che domenica invaderà le urne, fosse nell’agenda della Casa
Bianca, del Cremlino e del Palazzo del popolo di Pechino. Parigi, Londra e
Berlino sono in attesa delle evoluzione dell'argomento. Mi vengono in mente le
parole di James Joyce a un compatriota irlandese: se non possiamo cambiare il
paese, possiamo almeno cambiare argomento? No, l’argomento resta quello.
L’argomento dice che
domenica potremo votare per diversi partiti che annunciano una consulta sul
diritto a decidere: un eufemismo per parlare di indipendenza. Alcuni la
considerano molto vicina, altri la promettono per la legislatura in corso,
mentre un terzo gruppo la contempla alla lontana. Non tutto il fronte
sovranista condivide le stesse tattiche, strategie e calendari, ma domenica
notte si uniranno. Un solo argomento, un solo obiettivo.
Anche il fronte
contrario è diviso. I popolari battono tamburi politici e mediatici e cantano
inni apocalittici. Ciutadans [centrosinistra antinazionalista] parla meno
dell’argomento e affronta temi più scomodi per il potere. I socialisti vogliono
occupare le strade del centro, ma nelle loro fila ci sono state talmente tante
defezioni che sarà difficile evitare il crollo.
L’argomento non
coinvolge gli immigrati. L’argomento non va in scena nei mercati, come invece
accadeva in passato. Nelle pescherie e nei negozi ortofrutticoli si vedono
pochi politici. Hanno paura che qualcuno li rimproveri e gli faccia notare che
oltre all’argomento ci sono altri problemi. La disoccupazione, soprattutto. Dai
discorsi pubblici sono spariti i diritti, l’assistenza ai più deboli,
l’istruzione, la sanità, la sicurezza, la corruzione. Penseremo a tutto questo
quando l’argomento non sarà più un sogno. Vivremo in una terra dove
sgorgheranno il latte e il miele. L’argomento ci renderà felici. (Traduzione
di Andrea Sparacino)
Da
Madrid
Dopo il voto bisognerà
parlare
Cosa accadrà “dopo il
botto”, si domanda Fernando
Vallespín su El País. Il politologo traccia un bilancio piuttosto
negativo della campagna elettorale che volge al termine:
Raramente abbiamo
assistito a una simile discussione sul “chi siamo noi” […] Ma paradossalmente
non siamo avanzati di un millimetro nella comprensione reciproca. Lungi dal
costruire ponti, le reazioni viscerali della maggior parte dei mezzi
d’informazione di Madrid e il crescendo messianico di Artur Mas hanno favorito
la polarizzazione. Il relativo silenzio – sicuramente motivato dalla
perplessità – delle voci non sovraniste ha ritardato il momento in cui l’altra
voce della Catalogna, la voce media, il tertius genus, ha potuto essere
ascoltata”.
Secondo Vallespín a
questo punto è necessario avviare un dialogo:
Abbiamo perso una
grandissima occasione per una comprensione più profonda delle ragioni di questa
esplosione in una società che finora era stata un esempio di moderazione e
dialogo. […] Se aspiriamo a instaurare un ordine di qualsiasi tipo dopo il
botto e il furore, non c’è altra soluzione che costruire ponti, riavvicinarsi,
parlare. Quello che fanno le persone civili, insomma.
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