Pensare Globale e Agire Locale

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giovedì 3 gennaio 2013

ITALIA – I segreti della casta tirati nuovamente in ballo da una lettera anonima

Il mistero dell’agenda rossa di Paolo Borsellino

19 Luglio 1992. Muore ammazzato uno dei magistrati più impegnati nella storica lotta alla mafia: Paolo Borsellino.

L’attentato ha lasciato ai posteri molti dubbi e perplessità, alimentando inevitabilmente molte teorie più o meno accreditate. Uno degli aspetti più controversi riguardano la famosa agenda rossa del suddetto magistrato, dove egli registrava tutti i suoi appunti; su quell’agenda sarebbero state appuntate note di rilevante entità, alcune riguardanti la presunta trattativa fra stato e mafia.

Il libricino non verrà mai ritrovato dopo l’esplosione della macchina in Via D’Amelio. Ci sono però dei fatti documentati che lasciano spazio a numerosi quesiti: il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli è stato fotografato (inconsapevolmente) mentre prelevava dal luogo dell’attentato quella che sembrerebbe essere la borsa di Paolo Borsellino. Borsa che conteneva la famosa agenda rossa, e che riapparirà poche ore dopo la sua scomparsa sul sedile posteriore dei resti della macchina esplosa.

Perché il colonnello dei carabinieri ha prelevato quella valigetta? Come mai è riapparsa poco dopo sul luogo del delitto?

Del 17 Febbraio è la notizia della assoluzione di Giovanni Arcangiolini, che era stato accusato di furto e favoreggiamento a Cosa Nostra. Secondo l’accusa avrebbe sottratto l’agenda dal luogo dell’incidente per celare gli appunti del magistrato, in accordo con la mafia. Nonostante la documentazione fotografica e videografica il colonnello è stato dichiarato innocente, e il ricorso della Procura di Caltanissetta contro questa sentenza inammissibile.

Il primo a gridare il proprio sdegno nei confronti della magistratura è Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che dichiara: “sono ormai abituato a vederlo ripetutamente massacrato tutte le volte che è stata negata la giustizia per quella strage”, e ancora: “la giustizia in Italia ormai è marcia”.

Uno degli eventi che più ha segnato l’Italia negli ultimi quindici anni, insieme a Tangentopoli, sta pericolosamente passando sotto il più “mafioso” silenzio mediatico; mentre su quotidiani e telegiornali si continua a parlare di ingiustizie locali di relativa importanza nazionale, si tace su avvenimenti che hanno travolto l’intera nazione e che continuano a suscitare perplessità.

Il dubbio è che ci sia qualcosa da nascondere che implicherebbe lo svelamento di verità scomode per i vertici politici del nostro paese: oggi i tentativi della procura di Palermo di far luce sulla trattativa Stato e Mafia durante il periodo delle stragi - quando vennero deliberatamente revocate le condizioni di carcere duro per centinaia di boss mafiosi rinchiusi nel regime 41 bis - si scontrano con le reticenze e i silenzi dei massimi vertici del potere politico, a partire dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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