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sabato 19 gennaio 2013

MALI - Emergenza esodo dei profughi


Allarme umanitario: oltre 700 mila pronti a lasciare il Paese. Per fuggire dall'inferno di al Qaeda. Ma anche dalle bombe francesi. Casa Bianca e Pentagono in disaccordo su intervento.
di Barbara Ciolli
Sabato, 19 Gennaio 2013 - Un esodo di massa dalla bombe francesi e dalla furia jihadista.
Il flusso di profughi dentro e fuori i confini del Mali è in crescita esponenziale a una settimana dall'inizio della nuova guerra al terrorismo.
L'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu (Unhcr) ha stimato che oltre 700 mila persone fuggiranno dalle barbarie nei prossimi mesi. In 300 mila potranno essere accolte nei campi delle Nazioni unite nello stesso Mali martoriato dai combattimenti e dalla povertà.
Altri 407 mila sfollati dovranno invece trovare posto in Mauritania, Burkina Faso, Niger, Algeria, Guinea e Togo: Stati vicini, a loro volta politicamente instabili, minacciati dalle rivolte e in drammatica emergenza siccità.
OLTRE 180 MILA ESPATRIATI. La crisi umanitaria montava da tempo. Da quasi un anno, con l'avanzare degli islamisti, la striscia del Sahel stretta tra il Sahara e l'Africa nera vive una drammatica emergenza. L'Algeria è oggi schiacciata dal peso di oltre 30 mila profughi che premono sugli oltre 6 mila chilometri di confine.
Mentre 150 mila persone spingono per entrare in Mauritania, Burkina Faso e Niger; il Sud del Mali è assediato da quasi 230 mila sfollati e si teme l'emergenza sanitaria.
FUGA DA SHARIA E BOMBE. Chi fugge, ha raccontato alle Ong, lo fa per tre motivi: scampare alla legge del taglione degli integralisti, trovare cibo e acqua con cui sfamarsi. E, sopravvivere, scappare dalle bombe. I raid stranieri hanno aggiunto sofferenze a sofferenze.
Alle amputazioni e agli abusi contro le donne dei jihadisti si sono anzi sommate le esecuzioni brutali e gli stupri dei soldati. Di entrambi gli schieramenti e in un clima di violenza etnica bipartisan.

Amputazioni, stupri e lapidazione: i profughi traumatizzati del Mali

Nella triade di fondamentalisti che occupa il Nord del Paese, il Movimento per l'Unicità e la Jihad in Africa occidentale (Mujao) è il gruppo più estremista e crudele.
Abbattuti i millenari mausolei di Timbuctù (patrimonio dell'Umanità dell'Unesco), i miliziani hanno sottomesso gli abitanti alla versione più integralista della sharia. Per reati ordinari come il furto di bestiame, i tribunali islamici sommari dei nuovi talebani ordinano l'amputazione di braccia e gambe, frustate e fustigazioni pubbliche.
Fumare e bere è proibito, così come ascoltare musica o saltare la preghiera quotidiana. Alle donne è stato imposto il velo integrale e chi, anche minorenne, rifiuta i matrimoni combinati con i miliziani jihadisti, rischia la morte per lapidazione.
SPOSE-BAMBINE STUPRATE. La Commissione nazionale del Mali per i diritti umani ha denunciato casi di spose-bambine di 10 anni, costrette alle nozze e poi violentate. Ha fatto notizia anche la storia di una ragazza maliana “moglie” di sei miliziani in una notte: l'unione in nozze diventa infatti spesso la scusa per perpetrare stupri di gruppo.
Gli stessi comandanti del Mujao hanno ammesso alla stampa africana come la religione prescriva loro di «sposare una ragazza che, a 12 anni, potrebbe perdere la verginità in modo sbagliato». Bambini di 10-12 anni sarebbero stati poi sottratti ai genitori, in cambio di 10 dollari per il cibo, e reclutati nei campi militari per sparare e piazzare bombe.
Ma neanche gli islamisti di al Qaeda nel Maghreb (Aqmi) e i tuareg salafiti di Ansar Dine, alleati del Mujao, ci vanno per il sottile durante le loro razzie: anche nel loro caso sposare minorenni, per avere una copertura legale con cui stuprarle, e poi abbandonarle dopo il «divorzio» è ormai una prassi diffusa.
UNA MATTANZA INDISCRIMINATA. A riprova delle violenze ormai indiscriminate, un report del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite ha riferito di abusi e atrocità commessi anche dall'esercito regolare del Mali, e di esecuzioni sommarie di soldati da parte degli indipendentisti “moderati” del Movimento nazionale per la liberazione dell'Azawad (Mnla).
Ospedali e scuole sono stati distrutti negli scontri, manca persino il carburante per rifornire le stazioni di depurazione dell'acqua. Metà dei profughi, descritti come profondamente traumatizzati dalle agenzie umanitarie, è composta da bambini in fuga con le madri, con gravi carenze nutrizionali e sanitarie.
I TAGLI NEGLI AIUTI. Acqua potabile, kit igienici e farmaci anti-malarici sono di prima necessità. Ma, mentre Amnesty international ha invocato l'invio di osservatori internazionali, il programma alimentare delle Nazioni unite, con i tagli di budget del 2013, vacilla.
L'esodo dal Mali, ogni giorno conta migliaia di persone. E con quasi 100 milioni di dollari in meno a Palazzo di Vetro, la distribuzione di cibo e bevande è a rischio.

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