Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 18 gennaio 2013

Mali: L’Europa è renitente

Fermare gli islamisti in Sahel è nell'interesse di tutta l'Ue, ma nessuno sembra disposto ad aiutare la Francia. La politica di sicurezza comune si è dimostrata ancora un volta un fallimento.

Martin Winter 16 gennaio 2013 SUDDEUTSCHE ZEITUNG Monaco

Se il problema del Mali riguardasse solo questo paese, molto probabilmente i militari francesi non si sarebbero impegnati in questa guerra contro gli islamisti. Gli interessi dell'ex potenza coloniale nel continente africano non bastano a giustificare un intervento così rischioso. In realtà la Francia interviene perché lo stato saheliano minaccia di diventare un pericolo per l'Europa. E se si è impegnata da sola è perché gli altri paesi europei hanno preferito defilarsi. Tutto ciò la dice lunga sulle condizioni della politica di sicurezza e di difesa comune. E non lascia presagire nulla di buono.

Il fatto che Parigi abbia ricevuto dai suoi partner europei solo delle dichiarazioni cordiali e qualche aereo da trasporto dimostra che qualcosa non funziona nell'Unione europea. Impedire agli islamisti e ai terroristi di conquistare il Mali è nell'interesse dell'intera Unione europea. L'Ue sa dell'esistenza di questa minaccia da più di un anno. Nelle mani di Al Qaeda e dei suoi simpatizzanti il Mali si trasformerebbe in un Afghanistan alle porte dell'Europa, da utilizzare come base, campo di addestramento e retrovia del terrorismo internazionale.

Tuttavia l'Ue, anche se ha riconosciuto pienamente questo pericolo, non è mai riuscita a dargli una risposta comune. L'unica cosa su cui è riuscita a mettersi d'accordo è stato l'invio di una piccola missione per addestrare l'esercito maliano. La volontà comune europea ha i suoi limiti e l'Ue non è in grado di elaborare un piano di azione preventivo per reagire a un'emergenza militare come questa.

Il fatto che ora si voglia accelerare il calendario della missione di formazione assume aspetti grotteschi. Prima di tutto perché questa missione non cambia nulla al fatto che gli altri paesi europei rimangono indifferenti a guardare i francesi impegnati a difendere gli interessi europei. In secondo luogo perché i soldati maliani non avranno probabilmente tempo da dedicare ai loro istruttori europei mentre sono coinvolti nei combattimenti contro le milizie nel centro e nel nord del paese. La situazione ha finito per travolgere la stessa Unione europea.

In questo momento l'Ue deve piuttosto chiedersi se vuole seriamente dotarsi di una politica di sicurezza comune. Una politica che implicherebbe di non lasciare che la Francia se la sbrighi da sola in Mali. Di recente l'ex ministro degli esteri francese Hubert Védrine ha espresso un giudizio molto duro sulla politica di sicurezza e di difesa comune, alla quale l'Ue cerca di dare forma da 20 anni. Se i leader dei paesi Ue non saranno capaci di trovare rapidamente un terreno di intesa sulle basi della loro cooperazione, l'ambizione europea di diventare una potenza mondiale non avrà alcuna speranza di realizzarsi. Védrine non aveva probabilmente immaginato che l'Europa sarebbe stata messa alla prova così rapidamente e che il test decisivo si sarebbe avuto nella regione del Sahel.

Ma tutto fa pensare che l'Europa non uscirà bene da questa vicenda, perché in materia di politica estera e di sicurezza gli interessi dei paesi Ue sono ancora troppo distanti. Il Mali ne è la prova: gli europei sono d'accordo nel riconoscere la minaccia, ma non sui mezzi per combatterla, né sul fatto che bisogna prepararsi a ogni evenienza, compresa la guerra. La politica di sicurezza dell'Ue soffre dell'assenza di unità e di una mancanza di atteggiamento e volontà comuni. Carenze che non scompariranno in tempi brevi.

Tuttavia è necessario che oggi gli altri europei sostengano militarmente la Francia. È una questione di solidarietà, ma sul lungo periodo anche di buon senso: se si vuole lasciare la porta aperta a una politica di sicurezza europea degna di questo nome bisogna evitare che Parigi si trovi costretta a fare appello alla Nato in caso di stallo della situazione militare. Questa richiesta rappresenterebbe la prova definitiva dell'incapacità degli europei a mettersi d'accordo. (Traduzione di Andrea De Ritis)

Unione europea

Parigi è sola

Quando ha deciso l’intervento militare in Mali, probabilmente il presidente francese François Hollande si aspettava un aiuto dai partner europei, come già accaduto in Libia. Invece, a cinque giorni dall’inizio delle ostilità, non è successo niente. “Presentandosi davanti all’Europa, la diplomazia e lo stato maggiore francese rischiano di incassare soltanto buone scuse”, scrive Le Figaro. “La Germania, ultima potenza europea ad aumentare la spesa militare, non può inviare un solo soldato o un carro armato senza il voto del Bundestag, un’eventualità che Angela Merkel preferisce evitare in periodo di campagna elettorale”, pur esprimendo il suo “sostegno” a Hollande.

Der Tagesspiegel critica il comportamento della Germania:

I tedeschi vogliono far credere ai francesi e a loro stessi di essere molto vicini ai loro più stretti alleati europei, ma allo stesso tempo escludono la possibilità di inviare soldati e si limitano a un supporto logistico. Se anziché sorvolare Hollande prendesse seriamente questo affronto, l’asse franco-tedesco sarebbe messo a dura prova. E invece oggi va di moda la finzione, con un'eccezione: i gruppi jihadisti

Quanto agli altri partner europei, non bisogna aspettarsi granché, aggiunge Le Figaro:

L’Italia (anch’essa in piena campagna elettorale) e la Spagna (travolta dalla crisi) non mostrano alcun entusiasmo. A nord i maggiori contribuenti della Nato come Danimarca e Paesi Bassi non sono molto interessati all’Africa, mentre a est la Polonia ricorda che è ancora impegnata in Afghanistan. Né il dibattito avviato martedì al Parlamento europeo né l’appuntamento dei 27 ministri degli esteri Ue in programma giovedì a Bruxelles cambieranno la situazione sul fronte maliano. Al massimo i capi della diplomazia potranno stilare un bilancio (deludente) dell’“iniziativa per il Sahel” lanciata in pompa magna nel marzo 2011 con l’obiettivo di rafforzare paesi come il Mali. Se Bruxelles ha davvero assegnato i fondi, la fase militare e di sicurezza non è mai cominciata.

In ogni caso l’assenza di rinforzi da parte dell’Ue complicherà i calcoli dello stato maggiore sulla “seconda fase”, dopo che diversi giorni di bombardamenti sono riusciti a bloccare l’avanzata jihadista.

Nessun commento:

Posta un commento