Il discorso del primo ministro britannico sul futuro delle relazioni tra il suo paese e l’Ue, pronunciato il 23 gennaio, conquista la prima pagina della maggior parte dei quotidiani europei. L’ipotesi di un’uscita del Regno Unito dall’Unione suscita reazioni che vanno dall’indignazione alla comprensione.
24 gennaio
2013 Les Echos, Die Welt, Gazeta Wyborcza & altri 4
Come buona parte
della stampa britannica, molti quotidiani continentali riconoscono
che Cameron ha sollevato interrogativi legittimi che meritano una risposta, a
livello nazionale ma anche europeo.
A Parigi Les Echos sostiene che il discorso di Cameron ha lanciato una “sfida
pericolosa”. Il quotidiano economico non esita a comparare il primo ministro a
un suo illustre predecessore: come ha fatto a suo tempo Margeret Thatcher,
Cameron non si preoccupa dell’interesse comune di trasformare dell’Europa in
una potenza economica (e necessariamente anche politica). La sua visione passa
per un’Europa su misura di cui è possibile far parte senza accettarne tutte le
limitazioni, restare nell’Unione ma non nell’euro o nello spazio Schengen. Ma
se la crisi dell’euro e i piani di salvataggio per la Grecia ci hanno insegnato
qualcosa è senz’altro la necessità di una maggiore integrazione tra i paesi
europei, soprattutto in ambito di bilancio, fiscale e finanziario. Quanto meno
tra i 17 paesi dell’euro. Evidentemente questo non è l’obiettivo di David
Cameron.
Die Welt scrive che
“Cameron mette il dito nelle piaghe dell’Ue”, e insieme alla maggioranza dei
commentatori tedeschi considera gli interrogativi sollevati dal primo ministro
britannico legittimi e “liberatori”.
Cameron non è affatto
solo nella sua analisi dei cambiamenti che l’Ue sta affrontando e a cui non si
può rispondere con un semplice “sempre avanti tutta”. […] Il fatto che il primo
ministro britannico metta sul tavolo [la questione della stabilizzazione
dell’eurozona con un approfondimento dell’Ue” non è una atto anti-europeo. Non
è anti-europeo ricordare che la competitività dell’Unione è minacciata, a causa
(tra le altre cose) di una gestione sclerotizzata, con regole che paralizzano
molte forze creative nell’economia. E non è affatto anti-europeo evidenziare il
deficit democratico rampante e la mancanza di fiducia nell’Ue e nelle sue
istituzioni da parte dei cittadini europei. […] Il Regno Unito segue un approccio
“più pratico che emotivoe”, e questo non può che fare bene a tutti noi.
“Il Regno Unito non
sogna un’esistenza comoda e isolata ai margini dell’Europa”. L’opinionista di
Gazeta Wyborcza Tomasz Bielecki ricorda il discorsopronunciato nel 1988 da Thatcher
all’Ue, sottolineando che per Cameron – che al pari della "lady di
ferro" è un forte critico dell’Ue ma allo stesso tempo un sostenitore
della permanenza di Londra all’interno dell’Unione – l’uscita di scena del
Regno Unito avrebbe effetti disastrosi sull’occupazione, e allo stesso tempo
sarebbe un colpo durissimo per l’Unione. L’eurozona diventerebbe l’unico centro
di integrazione, circondata da periferie dell’Ue. Per noi polacchi questo
rappresenta un pericolo molto più grave rispetto ai britannici. Lo zloty non è
la sterlina, e le isole britanniche non sono la Polonia, con i suoi vicini non
sempre gestibili. La mossa di David Cameron dovrebbe spingerci ad accelerare i
piani per entrare nell’eurozona.
Secondo Svenska Dagbladet
Cameron non è l’unico in Europa a pensare che “l’adesione all’Ue non dev’essere
equivalente all’acquisto di un biglietto per un treno fantasma che non si ferma
in nessuna stazione e va verso una destinazione sconosciuta”. Il quotidiano
ricorda che le reazioni al discorso del primo ministro erano molto attese:
“Dovunque in Europa si sentiva dire che l’Ue non è uno smörgåsbord [buffet
scandinavo] dove ognuno può scegliere liberamente cosa vuole”. “Ma davvero c’è
un solo cammino possibile?” si domanda Svenska Dagbladet: La risposta è
chiaramente no, visto il modo in cui l’Europa funziona oggi: la Svezia non ha
l’euro, il Regno Unito non fa parte dello spazio Schengen, e ci sono molti
altri esempi. […] L’alternativa per i britannici è affrontare l’Ue ponendole le
seguenti domande: “How? Why? To what end?" [Come? Perché? Con quale
obiettivo?]. Sono domande che dovrebbero essere nell’interesse di tutti gli
stati membri e in quello dell’Unione.
Anche România Liberă sostiene
che l’Unione “flessibile, adattabile e aperta” proposta da Cameron è una
provocazione molto seria. Il quotidiano di Bucarest aggiunge che per la prima
volta un leader europeo ha presentato una visione dell’Ue diversa da quella
improntata a una maggiore integrazione politica, una visione più modesta ma più
liberale e incentrata sul libero mercato. Finora la Romania ha scelto gli Stati
Uniti d’Europa e il modello tedesco dell’Unione europea. Ora però esiste
un’altra visione, e forse i nostri leder politici si impegneranno in un vero
dibattito sul modello europeo più vantaggioso per un paese come il nostro.
Altri paesi lo faranno di sicuro.
“Cameron getta
un’ombra sull’Ue”, titola De Volkskrant. Il quotidiano di Amsterdam,
città dove il primo ministro britannico avrebbe dovuto inizialmente tenere il
suo discorso, sottolinea che l'Ue deve prendere sul serio il progetto di
Cameron se ci tiene alla sua sopravvivenza: sarà molto difficile rispondere
alle domande di Cameron senza nuocere all’intera costruzione europea. Se uno
stato prova a rivedere alcuni accordi ci saranno di sicuro altri paese che
pretenderanno nuove eccezioni. Tuttavia un’uscita di scena del Regno Unito non
è nell’interesse dell’Ue, e soprattutto dei Paesi Bassi. È per questo motivo
che la Commissione europea e gli altri stati membri devono prendere in seria
considerazione le proposte britanniche. L’iniziativa di Londra dovrà far
riflettere Bruxelles, perché sarebbe insensato precipitarsi verso il progetto
di integrazione se questo metterà a repentaglio l’unità dell’Europa.
Su El País Lluis Bassets sottolinea
che “l’Europa britannica” somiglia molto a “una semplice zona di libero
scambio”. Secondo l’editorialista per il primo ministro britannico l’Ue è un
semplice strumento, non un obiettivo. In questo senso o l’Unione diventa un
qualcosa che gli euroscettici sono pronti a tollerare o non c’è alternativa
all’uscita di scena. L’impudenza di questo ricatto è notevole. […] Il sogno
conservatore è quello di avere relazioni senza intermediari con un mondo
globale e utilizzare l’Europa come un semplice spazio di libero scambio, il
meno regolato possibile. È un’idea che potrebbe essere attraente in linea di
principio, ma va a sbattere contro una moltitudine di ostacoli: il più evidente
è la difficoltà dei paesi europei (compreso il Regno Unito) di esistere
indipendentemente nel mondo globalizzato, come se fossero paesi emergenti e non
potenze in declino. Washington e Pechino rimproverano Cameron senza esitazioni,
perché preferiscono avere rapporto con Londra tramite un’Ue solida.
Nessun commento:
Posta un commento