A ottant'anni dall'ascesa del Führer, un romanzo satirico ipotizza il suo ritorno nella Berlino di oggi. Il suo successo e le polemiche suscitate testimoniano che il passato non è ancora sepolto.
Nathalie
Versieux 1 febbraio 2013
LE TEMPS Ginevra
Il 30 agosto un
vecchio si sveglia in un terreno incolto di Berlino. Steso per terra, vede solo
il cielo azzurro sopra la testa e si stupisce di sentire il canto degli
uccelli: c'è stata una pausa nei combattimenti. L'uomo ha male alla testa e non
capisce dove si trova né come ha fatto ad arrivare là. Cerca di ricordarsi
quello che ha fatto il giorno prima, ma la sua amnesia non può essere
attribuita all'alcol: il Führer non beve! Invano cerca accanto a sé il fedele
Bormann.
Hitler si alza con
difficoltà e si dirige verso le voci di tre ragazzi della Gioventù hitleriana,
probabilmente in licenza perché non portano l'uniforme e giocano a pallone.
"Ehi, guardate un po' questo?" Deve avere veramente un brutto
aspetto, pensa il Führer dato che non fanno il saluto regolamentare.
"Dov'è Bormann?", chiede inquieto. "Chi?" "Bormann,
Martin Bormann!" "Non lo conosco, com'è fatto?" "Come un
capo del Reich, diamine!" Hitler guarda di nuovo i tre ragazzi. Indossano
delle magliette colorate. "Giovane hitleriano Ronaldo! Dov'è la strada più
vicina?" Nessuna reazione. Si volta allora verso il più giovane dei tre,
che indica un lato del terreno.
Nell'edicola lì
vicino Hitler cerca una copia del fidato Völkischer Beobachter, ma vede solo
titoli turchi. "Strano, la Turchia è rimasta fuori dal conflitto
nonostante i nostri tentativi di portarla dalla nostra parte". Quando
legge la data del giorno, 30 agosto 2011, perde di nuovo conoscenza. Il
proprietario dell'edicola pensa di trovarsi di fronte un attore appena uscito
da una serie televisiva. Gli dice che può rimanere qualche giorno a casa sua.
"Ma non rubare nulla, mi raccomando". Hitler è offeso: "Sembro
forse un criminale?" "Sembri Hitler", risponde l'edicolante.
"Esatto!" risponde il Führer.
Diventato edicolante,
il dittatore è "scoperto" da una società di produzione televisiva. I
produttori vedono in lui un "enorme potenziale". Il successo del
programma è enorme. Disorientato, Hitler entra in una società in cui il successo
si misura in termini di audience, in "mi piace" su Facebook. Così
diventa un noto attore comico. "Lei vale oro! E siamo solo
all'inizio!", si congratula il produttore.
"Questo libro è
talmente divertente che una volta cominciato non si può più lasciare",
commenta Peter Hetzel, critico letterario della rete televisiva Sat 1. Il
romanzo dalla copertina tutta bianca, ornata solo dalla celebre frangia di
capelli neri – il titolo prende il posto dei baffi – sta avendo un successo
inatteso, nonostante il prezzo elevato (19,33 euro, allusione all'anno
dell'arrivo al potere di Hitler) e la sua lunghezza (396 pagine redatte in
prima persona singolare, di cui una buona parte composta da riflessioni
personali del Führer nello stile secco e oscuro del Mein Kampf).
"L'Hitler di
Timur Vermes si trova di fronte a una società che ride di lui perché da tempo
ha fatto i conti con il proprio passato. Ma è anche una società che ha capito
che questo passo era necessario per sbarazzarsi del passato", osserva il
quotidiano Süddeutsche Zeitung. "Si ride, ma è una risata che va un po' di
traverso".
Stampata in 360mila
copie e uscito nell'autunno 2012, Er
ist wieder da ("È tornato") è in cima alle classifiche da
diverse settimane. Il romanzo, di cui esiste un'ottima versione audio letta da
Christoph Maria Herbst – sarà pubblicato in francese, in inglese e in altre 15
lingue – e la stampa parla già di un possibile adattamento cinematografico. Di
certo non è la prima volta che l'incarnazione del male è riciclata da umoristi
e da artisti. Charlie Chaplin aveva ridicolizzato il Führer nel 1940 nel
Dittatore. E nel 2007 è uscito in sala la commedia Mein Führer del regista
tedesco Dani Levy.
La banalità del riso
Il primo romanzo del
giornalista Timur Vermes ha fatto però storcere la bocca a più d'uno. Dani Erk,
autore di So viel Hitler war
selten ("Abbiamo visto troppo Hitler"), un libro che
critica la "banalità del male", si preoccupa della moltiplicazione
delle commedie sul Terzo Reich. "Perché interrogarsi sul profondo
antisemitismo della società tedesca contemporanea, quando un pazzo è presentato
come l'unico responsabile?" si chiede Erk. "Questo è un modo per
liberarsi da qualunque senso di colpa. Hitler è stato l'unico responsabile
della guerra e del genocidio".
Per Vermes al
contrario questi stessi argomenti giustificano il suo romanzo. Er ist wieder da descrive
un Hitler impaurito, preoccupato quando vede che la gente non lo teme.
"Non abbiamo visto troppo Hitler", osserva Vermes. "Abbiamo
avuto soprattutto uno stereotipo di Hitler, sempre lo stesso: quello del mostro
che permette di rassicurarci. Anche io per molto tempo ho accettato questa
visione di Hitler. Ma non basta. Hitler esercitava un vero e proprio fascino.
Se tanta gente lo ha aiutato a commettere i suoi crimini è perché gli piaceva.
La gente non elegge un pazzo. La gente elegge qualcuno che li attira o che
trovano ammirevole. Presentarlo come un mostro significa considerare gli
elettori degli idioti. E questo ci rassicura. Si dice che oggi siamo più
smaliziati, che non potremmo mai eleggere un mostro o un clown. Ma all'epoca la
gente era smaliziata quanto noi. Spesso ci diciamo che se un nuovo Hitler
dovesse tornare, sarebbe facile bloccarlo. Al contrario, ho cercato di mostrare
che anche oggi Hitler avrebbe una possibilità di conoscere il successo, ma in
un altro modo".
Il romanzo di Vermes
mostra come nella Germania del ventunesimo secolo un demagogo abbia di nuovo la
possibilità di imporsi. I mezzi per conquistare le masse sono cambiati, ma
l'intenzione rimane la stessa. "A parte le risate, Vermes mostra alla
società tedesca uno specchio che le rimanda un'immagine poco attraente",
conclude il critico Peter Hetzel. (Traduzione di Andrea De Ritis )
Ossessione
per il Führer
Secondo la
Süddeutsche Zeitung il successo di Er ist wieder da non si spiega con la
sua qualità letteraria – “non ha niente da invidiare al Mein Kampf” – ma
con la convinzione tedesca che “ridere di un riso che si strozza in gola,
accompagnato da un brivido e da un vago sentimento di colpevolezza”, sia il
piacere più “delicato, complesso e profondo”. Il quotidiano sottolinea che
L’audience eccezionale registrata
dal [divo televisivo Hitler] del romanzo dipende dagli stessi motivi che hanno
decretato il successo del libro. In Germania si è sviluppata una strana
ossessione per Hitler, qualcosa di molto vicino alla mania. Hitler appare
regolarmente sulle copertine delle riviste; invade i canali televisivi con una
frequenza che ci impedisce di fare zapping senza vederlo alzare il braccio; e
nelle riunioni familiari non manca mai una parodia del “Führrerrr” con due dita
sotto il naso, garanzia di ilarità. Questa fissazione per Hitler – sulla figura
comica o sull’uomo come incarnazione del male – rischia di far passare in
secondo piano i fatti storici.
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