La precarietà e la mancanza di
prospettive degli under 30 sono tra i problemi più gravi del paese. Eppure la
campagna elettorale ha largamente ignorato l’argomento.
Beppe Severgnini 21 febbraio 2013 CORRIERE DELLA SERA Milano
[Esplora il
significato del termine: Nessuno potrà accusare il futuro governo di non aver
mantenuto le promesse verso i giovani italiani: perché queste promesse nemmeno
sono state fatte. I nuovi elettori, almeno fino a oggi, sono i grandi esclusi
della campagna elettorale. Come se la politica fosse una discoteca, e gli
energumeni sulla porta non volessero lasciarli entrare. Troppo educati,
ragazzi, questo posto non fa per voi.
Le cinque alleanze in
competizione sembrano ispirate a Gangnam Style : si agitano, gesticolano, si
divincolano, spingono cercando la luce del riflettore. I giovani connazionali
guardano, attraverso i vetri del televisore, e commentano amari sui social
network. Molti sono tentati di non votare, e farebbero male: è quello che i
buttafuori della politica aspettano, in modo da controllare il gioco con
facilità. Le tradizionali reti sociali – quelle che hanno mantenuto finora la
pace precaria nelle strade – si stanno progressivamente strappando.
Le famiglie hanno
esaurito la pazienza e stanno finendo i soldi: lo dimostrano i negozi «compro
oro», il mercato immobiliare e l’andamento dei consumi di beni durevoli. La
disoccupazione giovanile (15-24 anni) tra chi cerca un lavoro è al 37%, mai
così alta dal 1992. E se questa è la media nazionale, immaginate cosa (non)
accade nell’Italia del sud. La percentuale di laureati italiani che cercano
fortuna all’estero, in dieci anni, è passata dall’11% al 28%. Non è più sana
voglia di esplorare; è una diaspora, pagata con risorse pubbliche.
Davanti a fenomeni di
questa portata, a cinque settimane dal voto, uno s’aspetta che la politica
rifletta, decida, proponga piani precisi e misure concrete: un Paese non può,
infatti, giocarsi un’intera generazione. Ma non accade. I candidati discutono
appassionatamente di imposte e di pensioni. Parlano, quindi, a chi un lavoro ce
l’ha o l’ha avuto. Chi rischia di non averlo non conta, pare.
Gli italiani con meno
di trent’anni stanno diventando una generazione trasparente. Li attraversiamo
con lo sguardo, anche quando diciamo di tenere a loro. Un atteggiamento
pericoloso: la frustrazione potrebbe trasformarsi in rabbia e avere conseguenze
drammatiche. Le avvisaglie ci sono. Gli spaccatutto non hanno trovato alleati.
Per adesso. Ma ne cercano sempre, e le cose potrebbero cambiare.
La bulimia televisiva
degli stagionati protagonisti – Silvio Berlusconi 63 ore, Mario Monti 62 ore,
Pier Luigi Bersani 28 ore (dal 2 dicembre al 14 gennaio) – rischia di diventare
una provocazione. Antonio Ingroia va in televisione e subito s’azzuffa; Beppe
Grillo s’azzuffa senza andarci. Solito spettacolo, soliti discorsi. L’Italia
politica del 2013 sembra la cittadina del film Groundhog Day – Ricomincio da
capo . Il protagonista, Bill Murray, ogni mattina si sveglia ed è sempre lo stesso
giorno. I proclami giovanilistici del governo Monti si sono ridotti alla
reintroduzione dell’apprendistato e a un’Agenda digitale di difficile
applicazione. Il Movimento 5 Stelle propone «un sussidio di disoccupazione
garantito», ma non spiega con quali soldi finanziarlo. La destra non parla di
giovani e non li candida, per far posto ai pretoriani del capo. Neppure la
sinistra, che pure qualche volto nuovo lo presenta, propone misure radicali per
i giovani connazionali. Il prestito d’onore, suggerito da Anna Finocchiaro, è
un cerotto su una frattura. Occorrono flessibilità in entrata e in uscita,
semplicità normativa, vantaggi fiscali e contributivi.
Un’assunzione, oggi,
è un atto di eroismo; deve diventare un’operazione conveniente per tutti. Se,
per far questo, occorre tagliare la spesa pubblica, si tagli: dicendo dove,
come e quando. Lasciando stare l’istruzione, che costa allo Stato italiano
quanto gli interessi sul debito pubblico, 4,5% del prodotto interno. Con una
differenza: gli interessi sul debito servono a tappare le falle del passato,
l’istruzione è il motore per costruire il futuro. Se vogliamo mani nuove e
robuste sul volante italiano, non offendiamo i guidatori di domani: altrimenti
ci lasceranno a piedi, e avranno ragione. Soprattutto, non diciamo di volerli
aiutare, quando per loro non siamo disposti a rinunciare a niente. «L’amore
trasparente non so cosa sia», cantava Ivano Fossati.] Nessuno potrà accusare il
futuro governo di non aver mantenuto le promesse verso i giovani italiani:
perché queste promesse nemmeno sono state fatte. I nuovi elettori, almeno fino
a oggi, sono i grandi esclusi della campagna elettorale. Come se la politica
fosse una discoteca, e gli energumeni sulla porta non volessero lasciarli
entrare. Troppo educati, ragazzi, questo posto non fa per voi.
Le cinque alleanze in
competizione sembrano ispirate a Gangnam Style : si agitano, gesticolano, si
divincolano, spingono cercando la luce del riflettore. I giovani connazionali
guardano, attraverso i vetri del televisore, e commentano amari sui social
network. Molti sono tentati di non votare, e farebbero male: è quello che i
buttafuori della politica aspettano, in modo da controllare il gioco con
facilità.
Le tradizionali reti
sociali – quelle che hanno mantenuto finora la pace precaria nelle strade – si
stanno progressivamente strappando. Le famiglie hanno esaurito la pazienza e
stanno finendo i soldi: lo dimostrano i negozi «compro oro», il mercato
immobiliare e l'andamento dei consumi di beni durevoli. La disoccupazione giovanile
(15-24 anni) tra chi cerca un lavoro è al 37%, mai così alta dal 1992. E se
questa è la media nazionale, immaginate cosa (non) accade nell'Italia del sud.
La percentuale di laureati italiani che cercano fortuna all'estero, in dieci
anni, è passata dall'11% al 28%. Non è più sana voglia di esplorare; è una
diaspora, pagata con risorse pubbliche.
Davanti a fenomeni di
questa portata, a cinque settimane dal voto, uno s'aspetta che la politica
rifletta, decida, proponga piani precisi e misure concrete: un Paese non può,
infatti, giocarsi un'intera generazione. Ma non accade. I candidati discutono
appassionatamente di imposte e di pensioni. Parlano, quindi, a chi un lavoro ce
l'ha o l'ha avuto. Chi rischia di non averlo non conta, pare.
Gli italiani con meno
di trent'anni stanno diventando una generazione trasparente. Li attraversiamo
con lo sguardo, anche quando diciamo di tenere a loro. Un atteggiamento
pericoloso: la frustrazione potrebbe trasformarsi in rabbia e avere conseguenze
drammatiche. Le avvisaglie ci sono. Gli spaccatutto non hanno trovato alleati.
Per adesso. Ma ne cercano sempre, e le cose potrebbero cambiare.
La bulimia televisiva
degli stagionati protagonisti – Silvio Berlusconi 63 ore, Mario Monti 62 ore,
Pier Luigi Bersani 28 ore (dal 2 dicembre al 14 gennaio) – rischia di diventare
una provocazione. Antonio Ingroia va in televisione e subito s'azzuffa; Beppe
Grillo s'azzuffa senza andarci. Solito spettacolo, soliti discorsi. L'Italia
politica del 2013 sembra la cittadina del film Groundhog Day – Ricomincio da
capo . Il protagonista, Bill Murray, ogni mattina si sveglia ed è sempre lo
stesso giorno.
I proclami
giovanilistici del governo Monti si sono ridotti alla reintroduzione
dell'apprendistato e a un'Agenda digitale di difficile applicazione. Il
Movimento 5 Stelle propone «un sussidio di disoccupazione garantito», ma non
spiega con quali soldi finanziarlo. La destra non parla di giovani e non li
candida, per far posto ai pretoriani del capo. Neppure la sinistra, che pure
qualche volto nuovo lo presenta, propone misure radicali per i giovani
connazionali. Il prestito d'onore, suggerito da Anna Finocchiaro, è un cerotto
su una frattura. Occorrono flessibilità in entrata e in uscita, semplicità
normativa, vantaggi fiscali e contributivi.
Un'assunzione, oggi,
è un atto di eroismo; deve diventare un'operazione conveniente per tutti. Se,
per far questo, occorre tagliare la spesa pubblica, si tagli: dicendo dove,
come e quando. Lasciando stare l'istruzione, che costa allo Stato italiano
quanto gli interessi sul debito pubblico, 4,5% del prodotto interno. Con una
differenza: gli interessi sul debito servono a tappare le falle del passato,
l'istruzione è il motore per costruire il futuro.
Se vogliamo mani
nuove e robuste sul volante italiano, non offendiamo i guidatori di domani:
altrimenti ci lasceranno a piedi, e avranno ragione. Soprattutto, non diciamo
di volerli aiutare, quando per loro non siamo disposti a rinunciare a niente.
«L'amore trasparente non so cosa sia», cantava Ivano Fossati.
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