La corte costituzionale ha bocciato
le misure antideficit del governo, che sarà costretto a ridurre ulteriormente
la spesa pubblica. Un’occasione unica per procedere a una vera rifondazione
dello stato.
Pedro Santos Guerreiro 8 aprile 2013
JORNAL DE NEGOCIOS Lisbona
Nessuna dimissione, nessuna elezione
anticipata, nessun aumento delle imposte. Bene, allora si taglieranno le spese.
Il presidente della repubblica dà il suo appoggio. E la corte costituzionale
apre le porte all’uguaglianza definitiva fra i lavoratori statali e privati. In
fin dei conti che cosa avrebbe potuto pretendere di più il primo ministro
Passos Coelho per fare quello che ha sempre voluto fare?
Passos Coelho ha imparato la lezione e ha
saputo gestire la reazione. Ha drammatizzato i toni dando la colpa alla corte
costituzionale. E si prepara ad approfittare delle finestre che si sono aperte
accanto alla porta che si è chiusa. Si tratta di un gioco di prestigio
politico. Una possibilità per lo stato di adottare una politica del tutto
inedita.
Passos Coelho ha voluto che il programma di
aggiustamento fosse la strada per riformare lo stato e creare le istituzioni di
una società più moderna, in una cultura di concorrenza e in un'economia di
uguaglianza di diritti e di possibilità. Ma non ci è riuscito perché non ha mai
cercato di farlo, invece di andare avanti si è limitato ad aspettare il ritorno
del mercato.
Ancora non sappiamo che cosa vuole il governo
in materia di riforma dello stato. Sappiamo che si dovranno tagliare le spese,
ma l'obiettivo di ridurle di 2,5 miliardi di euro nel 2014 per un totale di
cinque miliardi entro il 2015 è diventato politicamente e socialmente
impossibile. Il governo ci sarebbe riuscito senza il suo fallimento davanti
alla corte costituzionale?
Il paese non vuole altre tasse e non vuole
neppure dei tagli alla spesa pubblica, perché ha capito che questo significherà
dei tagli agli stipendi e alle pensioni. Ma questa è la strada giusta, e lo è
sempre stata. Si tratta di una strada, però, e non di un fine a sé stante. La
via seguita sarà probabilmente quella di chiudere ospedali, ridurre sussidi e
sovvenzioni, licenziare professori, sopprimere imprese pubbliche. Una parte di
queste misure avrebbe già dovuto essere presa da molto tempo. Due anni dopo la
domanda di intervento esterno le famiglie e le imprese si sono adattate, ma non
lo stato.
Ci saranno di certo delle richieste di
rendere più flessibile il deficit e rinegoziare il debito pubblico. Il rigore
che si annuncia aumenterà la povertà attraverso i tagli alle politiche sociali
e la disoccupazione attraverso il licenziamento dei funzionari statali. Tanto
più che la nuova politica di rigore non sostituirà la precedente, ma vi si
aggiungerà. Ma tagliare le spese dello stato rappresenta solo una parte della
risposta a quello che è in gioco, e cioè la costruzione di uno stato migliore,
dotato di un sistema politico non corrotto, di istituzioni più forti e capaci
di vigilare su una società che crede in un progetto.
Verso il centro
Passos Coelho non ha più alternative. Ma ci
dobbiamo chiedere se questa decisione della Corte costituzionale e le
dimissioni di Miguel Relvas dal governo rappresentano un cambiamento parziale o
radicale della situazione.
Ed è qui che entra in gioco il Partito
socialista, il principale partito di opposizione, che il 3 aprile ha presentato
una mozione di sfiducia contro il governo. Il paese è politicamente bloccato:
la destra da un lato, la sinistra dall'altro, il centro temporaneamente vuoto.
I ponti sono stati fatti saltare. Se questa rottura continua, il governo, che non
è caduto il 7 aprile, non arriverà al 15 ottobre. Con il bilancio del 2014 il
deficit difficilmente potrà piegarsi senza spezzarsi. Il paese non potrà
riformarsi senza che la sinistra e la destra si spostino verso il centro e
finché Passos Coelho e Seguro [il leader del Ps] non faranno nulla per ridurre
la distanza che li divide. (Traduzione di Andrea De Ritis)
Dalla
Spagna
Solidarietà e ansia
In Spagna si guarda con molta attenzione al
verdetto emanato dalla corte costituzionale portoghese il 5 aprile. Secondo El Mundo la
bocciatura del budget
spinge il nostro vicino sull’orlo dell’abisso
e crea un conflitto che potrebbe nuocere all’Europa e soprattutto alla Spagna.
Innanzitutto perché la decisione controversa […] provoca una nuova crisi
finanziaria che potrebbe avere ripercussioni negative sui mercati e sullo
spread dei paesi periferici, tra cui la Spagna. In secondo luogo perché crea un
pericoloso precedente, proprio mentre la nostra corte deve ancora esaminare la
costituzionalità delle misure di austerity. […] Speriamo che i nostri giudici
non commettano lo stesso errore dei colleghi portoghesi.
Secondo El País in gioco
c’è il principio stesso alla base delle politiche d’austerity imposte nei paesi
dell’Europa del sud:
al di là della difficile ingegneria
finanziaria che [la decisione della corte] implica, le tensioni politiche e
sociali torneranno ad occupare il proscenio in un paese letteralmente decimato,
soprattutto se consideriamo che i contribuenti portoghesi hanno già sostenuto
il più consistente aumento delle imposte della storia per aumentare le entrate
pubbliche. […] Ora è stato stabilito un precedente che mette in causa la
legittimità politica di questi obiettivi assurdi. Risanare le finanze pubbliche
è assolutamente necessario per assicurare una crescita sostenibile e un’unione
monetaria solida, ma provare a farlo in un contesto di profonda recessione e in
un lasso di tempo eccessivamente breve è una chiara provocazione che rischia di
distruggere la stabilità sociale e il sostegno delle istituzioni europee.
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