Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 5 luglio 2013

ITALIA - L’utilità dei socialisti


Si svolgerà a Venezia, dal 25 al 27 ottobre, il congresso nazionale del PSI. Il partito, che è tornato in parlamento grazie all’accordo stipulato con il PD, è di fronte a scelte importanti. Qualcuno dice che è in gioco la sopravvivenza. A noi piacerebbe che non di questo si discutesse (sarebbe comunque una sopravvivenza stentata e di scarsissima utilità e incidenza). Ci piacerebbe, piuttosto, che si discutesse di una reale trasformazione. E di un contributo alla creazione, assieme ad altri, di una presenza politica nuova anche se saldamente ancorata alla cultura laica, liberale e progressista. Sul congresso del PSI pubblichiamo un articolo di Alberto Benzoni.

Ci è stato spiegato, nel corso della discussione che ha fatto seguito alla mancata presentazione della nostra lista alle ultime elezioni, che tale scelta era obbligata. Nel senso che tale ipotesi era stata oggetto di un vero e proprio veto da parte del Pd.
Data l’autorevolezza della fonte, non c’è motivo di dubitare dell’esattezza di tale informazione. E, dunque, c’è stato un veto. E noi l’abbiamo subìto. Su questo secondo aspetto si è polemizzato e si polemizzerà aspramente; anche nella prospettiva del prossimo congresso. Con accuse; autodifese; e rimpalli di responsabilità. Come è giusto e inevitabile che sia. Proprio per questo, però, è bene soffermarsi, in questa sede, sul primo, sperando (ma senza contarci più di tanto …) che la realtà che, attraverso questa vicenda si è manifestata, sia oggetto da parte nostra di una qualche riflessione collettiva. Come sarebbe politicamente necessario che fosse.
Di quale realtà intendiamo parlare? In modo sintetico e volutamente brutale, del fatto che, nell’orizzonte politico del Pd, il partito socialista non esiste. E non esiste perché non rappresenta né una risorsa né una minaccia.
Così, nel caso che abbiamo ricordato, la mancata presentazione della nostra lista non costituiva per Bersani né un lucro cessante né un danno emergente. Non un lucro cessante perché ci si attribuiva una percentuale intorno all’1% che non avrebbe consentito l’entrata in Parlamento di Tabacci & C. e, guarda caso, il vertice Pd considerava, a torto o a ragione, l’apporto politico del sullodato Tabacci più significativo del nostro.
Non un danno emergente perché era certamente vero che l’assenza di una nostra lista avrebbe ridotto il voto socialista alla lista Pd, ma era altrettanto vero che questo apporto era stato assai scarso nel sostegno a Bersani, nonostante i 640 (o 645) comitati creati dal Psi a suo favore. E a conclusione di questo sgradevole discorso basterà ricordare che cinque anni fa, l’ottimo Veltroni così rispose (citazione a senso) ad un esponente del Partito socialista europeo che gli chiedeva (peraltro, senza insistere più di tanto …) perché avesse escluso la lista Psi dall’apparentamento: “Nessuna discriminazione; è che il problema dei socialisti è irrilevante”.
Insomma, per dirla tutta, non siamo temuti o combattuti, siamo semplicemente ignorati. E allora come reagire? Perché reagire dobbiamo.
Finora, la nostra reazione è stata essenzialmente psicologica. Accentuazione dell’ostilità nei confronti dei comunisti; rifiuto pregiudiziale di qualsiasi ipotesi di entrata nel medesimo; auspicio, appena sotto pelle, che il Pd “si sfasci”, insomma che subisca la stessa sorte riservata a noi vent’anni fa.
Pure, prima o poi, la questione politica dovremo porcela. Nel senso di domandarci perché siamo irrilevanti e cosa dovremmo fare per non esserlo.
Mettendola in altro modo: quando, poco meno di vent’anni fa, abbiamo deciso di vivere, come collettività organizzata, all’interno del centro-sinistra (mentre il nostro elettorato andava nel centro-destra), lo abbiamo fatto in omaggio al nostro passato, ma anche come scommessa per il nostro futuro. Eravamo socialisti e non potevamo quindi che stare a sinistra. Eravamo socialisti riformisti e, come tali, eravamo nel centro-sinistra un valore aggiunto.
Valore aggiunto sì, ma di che tipo? A questa domanda abbiamo dato, sostanzialmente, due risposte: la prima chiara, ma sbagliata; la seconda, del tutto inconsistente. Abbiamo detto che il nostro compito era quello di richiamare a noi la diaspora socialista, ma questa è clamorosamente mancata all’appuntamento nel 1999 e, ancor più, nel 2008. Abbiamo poi detto che stavamo lavorando per il rinnovamento della sinistra in senso riformista, ma senza mai degnarci di spiegare a noi stessi prima ancora che agli altri, in che cosa questo rinnovamento consistesse e, quindi, senza dare alcun contributo in tal senso.
Oggi però ci si apre finalmente un finestra di opportunità, perché si è aperto a sinistra, e segnatamente nel Pd un dibattito “senza rete” e perché questo non riguarda, vivaddio, soltanto la figura e il ruolo del leader e la forma partito, ma anche, e soprattutto la natura stessa della sinistra.
Ci si misurerà d’ora in poi, e in modo drammatico, sui problemi economici e sociali e sulle risposte possibili che non sono certamente quelle del governo Letta e dell’Europa.
In questo passaggio decisivo, i socialisti dovranno assumere in pieno le loro responsabilità. Qui e subito. E in forme e modi su cui avremo da subito, occasione di tornare.
Quello che è certo è che l’iniziativa socialista dovrà investire, in primo luogo, il Pd. E che, per avere la forza necessaria, dovrà venire dall’esterno. Per quanto ci riguarda, discutere e associarsi nell’azione con tutti significa anche non accasarsi con nessuno. Come forza irrilevante potremmo indifferentemente rimanere subalterni fuori o entrare dentro con effetti, in ambedue i casi, nulli. Come portatori della cultura socialista non possiamo che coltivare la nostra indipendenza.

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