Lo Spiegel
International punta i riflettori sui rapporti tra i due, rivelando che l’ex
premier è membro dell’Intenarnational Advisory Board del leader kazako. Risale
invece al 23 maggio l’ultima visita dell’ex leader dell’Ulivo nel Paese, dove
dal 2011 è tornato tre volte l’anno
Silvio
Berlusconi non è l’unico politico italiano ad avere rapporti con Nursultan
Nazarbayev. Un articolo pubblicato a marzo da Spiegel International punta
i riflettori sul legame tra l’ex premierRomano Prodi e il dittatore
kazako. “Per essere un tiranno, il signore del Kazakistan ha a sua disposizione
alcuni insoliti sostenitori: gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard
Schröder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony
Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander
Kwaniewski e l’ex ministro degli interni tedesco Otto Schily”, afferma il
quotidiano, ricordando che “tutti costoro sono membri nei loro Paesi di partiti
socialdemocratici”.
Gusenbauer,
Kwaniewski e Prodi, prosegue lo Spiegel, “sono ufficialmente membri
dell’Intenarnational Advisory Board di Nazarbayev. Si incontrano
diverse volte ogni anno, nella più recente occasione due settimane fa (quindi
all’inizio di marzo, ndr) nella capitale kazaka Astana, e ciascuno
di loro percepisce onorari annuali che raggiungono le sette
cifre”. Secondo la stampa britannica, l’ex primo ministro britannico Blair,
pure lui advisor, “riceve ogni anno compensi che possono arrivare a 9
milioni di euro (11,7 milioni di dollari)”.
“Schröder,
per quanto lo riguarda, nega di essere membro dell’Advisory Board.
Ciononostante, egli s’incontra di quando in quando faccia a faccia con
l’autocrate venuto dalle steppe asiatiche ed elogia il Kazakistan come un
“Paese internazionalmente riconosciuto e aperto”. Nel novembre del 2012, Schröder
si congratulò col Kazakistan in quanto Paese scelto per ospitare l’Expo 2017,
che egli descrisse come il “prossimo passo verso la modernizzazione”.
“Il fatto
che un diplomatico tedesco si inchini davanti ai kazaki fino a tale punto è già
abbastanza brutto”, dice la deputata dei Verdi Viola Von Cramon. “Ma peggio
ancora, sottolinea, è il fatto che politici come Schröder, Schily, Prodi e
Blair si lascino coinvolgere negli interessi di Nazarbayev.
“Specialmente perché ora il suo regime sta diventando sempre più severo. Ma
grazie all’influenza dei lobbisti occidentali, poco di quello che
succede oltrepassa i confini”.
L’ultimo
incontro tra Prodi e Nazarbayev risale al 23 maggio, una
settimana prima del blitz che ha portato all’espulsione della moglie e della
figlia del dissidente kazako. Con un discorso di dieci minuti al Palazzo
dell’indipendenza di Astana, capitale del Paese, l’ex premier ha parlato
dei problemi dell’Eurozona, dopo l’introduzione di Nazarbayev. E, come
spiega Panorama, “dal 2011 ha fatto visita tre volte l’anno,
mantenendo ottimi rapporti con il dittatore”.
Per definire
gli intrecci tra i due Paesi, prosegue il settimanale, bisogna invece tornare
al 1997. Il 4 maggio l’ex leader comunista, padre padrone del Paese, viene
decorato con il Gran cordone, la più alta onoreficenza concessa dal
Quirinale, su proposta di Prodi, allora presidente del Consiglio. Nel 2000
viene poi scoperto il giacimento di Kashagan e l’Eni entra subito
nel consorzio per lo sfruttamento. Risale invece al 2009 la firma del trattato
tra Italia e Kazakistan, con Berlusconi presidente. E oggi l’Italia è il terzo
partner commerciale del Paese, dopo Cina e Russia.
RICORDIAMO
SINTETICAMENTE CHI E’ ROMANO PRODI
La ‘complicità’ (lo affermerà la stessa Magistratura) tra Romano
Prodi e Carlo De Benedetti inizia nel luglio 1982, quando Prodi viene nominato
presidente dell'IRI, il più grande ente economico dello Stato, in casa del suo
storico compare Carlo De Benedetti (proprietario del gruppo Repubblica ed
Espresso e di altre 30 riviste/quotidiani/settimanali/mensili in tutta Italia),
nel caso di Repubblica addirittura De Benedetti ne è l'unico editorialista,
quindi gli articoli se li scrive lui stesso (ci immaginiamo
l’obiettività).
L'attività di Prodi dal 1982 al 2007 è stata concentrata principalmente
in un solo unico compito:
Svendere (o regalare) tutti gli enti pubblici dello Stato al suo alleato
Carlo De Benedetti a un prezzo irrisorio con bandi truccati.
De Benedetti, dal canto suo, si è poi puntualmente affrettato a rivendere
immediatamente tali società al loro reale valore di mercato (di solito 20 volte
il loro prezzo d'acquisto) a gruppi stranieri (o addirittura allo Stato stesso,
che li ricomprava a prezzi folli), realizzando guadagni incalcolabili a danno
degli italiani.
Prodi, per 7 anni guidò l’ IRI dello Stato, concedendo tra l'altro
incarichi miliardari alla sua società di consulenza "Nomisma", con un
evidente conflitto di interessi.
Al termine di questi 7 anni il patrimonio dell’ IRI risultò dimezzato per
la cessione di importanti gruppi quali Alfa Romeo e FIAT, dalla quale prese
grosse somme di denaro in tangenti per la Nomisma, passando da 3.959 a 2.102
miliardi. La Ford aveva offerto 2.000 miliardi in contanti per l'Alfa Romeo, ma
Prodi la regalò alla FIAT per soli 1000 miliardi a rate. Egli nel frattempo
lottizzò ben 170 nomine dei quali ben 93 diessini.
Le privatizzazioni dell'IRI fatte da Romano Prodi sono state delle vere e
proprie svendite del patrimonio economico italiano a gruppi privati della
Sinistra (De Benedetti, Coop Rosse) complici del professore, anche se
"svendere" un ente pubblico a un decimo del suo valore quando ci sono
altri gruppi privati che offrono il doppio, più che una "svendita" è
un regalo, o per essere ancora più precisi è una serie incredibile di furti
colossali a danno dello Stato e degli italiani perpetrata impunemente per anni.
Giocando sulle parole e sull’interpretazione dello statuto dell’Ente,
Romano Prodi vantò utili inverosimili (12 miliardi e 400 milioni nel 1985). La
Corte dei Conti, magistratura di sorveglianza, portò alla luce l'enorme falso
in bilancio di Prodi: «Il complessivo risultato di gestione dell’Istituto IRI
per il 1985, cui concorrono... sia il saldo del conto profitti e perdite sia gli
utili e le perdite di natura patrimoniale, corrisponde a una perdita di 980,2
miliardi, che si raffronta a quella di 2.737 miliardi consuntivata nel 1984».
La Corte, inoltre, segnalava che le perdite nette nel 1985 erano assommate a
1.203 miliardi contro i 2.347 miliardi del 1984.
Romano Prodi, davanti alle folle dei suoi fan (si sa, l’Italia non
scarseggia in quanto a coglioni) tutt’oggi si vanta tantissimo che durante i
suoi 7 anni alla presidenza dell' IRI riuscì a far guadagnare utili
stratosferici. La verità, come chiarito dalla Corte dei Conti, è che invece di
utili stratosferici realizzo perdite stratosferiche, regalando il patrimonio
dello Stato e degli Italiani ai suoi amici della Sinistra.
Prodi uscì indenne dai processi perché le aziende erano S.P.A. di diritto
privato e quindi i dirigenti non erano qualificati come pubblici ufficiali.
Mani Pulite cambierà anche questo, per cui le società controllate da enti
pubblici sarebbero state considerate tutte operanti nell'interesse pubblico,
con le relative conseguenze per gli amministratori.
La conferma di tutto questo si trova nell’indebitamento dell’Istituto,
salito dal 1982 al 1989 da 7.349 a 20.873 miliardi (+184 per cento), e quello
del gruppo IRI da 34.948 a 45.672 (+30 per cento). Perdite stratosferiche
appunto.
Lo stesso D’Alema, intervistato da Biagi in televisione, affermò che
Romano Prodi, da lui scelto per guidare la coalizione contro Berlusconi, era un
«uomo competente» perché quando lasciò l’IRI nel 1989 il bilancio dava un «più
981 miliardi». Fu facile confutare queste affermazioni, facendogli notare che
la cifra reale, tenendo contro delle perdite siderurgiche transitate soltanto
nel conto patrimoniale, era di «meno» 2.416 miliardi. Il buco reale non fu mai
contestato dai diretti interessati.
La vera abilità di Romano Prodi è sempre stata di riuscire a prendere
soldi dallo Stato a costo zero. La conferma ci viene da un articolo di Paolo
Cirino Pomicino, nel quale rileva che dei 28.500 miliardi erogati dallo Stato a
titolo di fondo di dotazione dalla data di nascita dell’IRI, Romano Prodi ne
ottenne ben 17.500!
Nel 1986, Romano Prodi, con un contrattino di appena 4 paginette (anziché
centinaia come normalmente si fa) a trattativa privata, svendette il più grande
gruppo alimentare dello Stato, la SME, alla Buitoni del suo amicone Carlo De
Benedetti per soli 393 miliardi. La SME, già nelle casse aveva più di 600
miliardi di denaro liquido, ma il suo valore globale era di 3.100 miliardi. A
Prodi e De Benedetti fu dato torto in primo grado, in Corte d'appello e in
Cassazione da ben 15 magistrati, all'unanimità. Il magistrato Saverio Borrelli
del pool Mani Pulite di Milano, 6 anni dopo, incriminerà invece penalmente
Silvio Berlusconi, per aver impedito (insieme a Ferrero e Barilla con una pubblica
offerta d'acquisto enormemente superiore rispetto a quella di De Benedetti)
l'ennesima svendita di Romano Prodi: la SME (un regalo di 3100 miliardi dello
Stato) a Carlo De Benedetti, nonostante a questi due compari fosse stato dato
torto in tutti e 3 i gradi di giudizio dal Tribunale di Roma e dal TAR del
Lazio e nonostante Berlusconi e gli altri imprenditori non ci avessero
guadagnato alla fine nulla.
Come presidente dell'IRI, svendette anche la Italgel alla Unilever,
essendo contemporaneamente consulente di quest'ultima, nonostante quindi un
conflitto di interessi evidente.
Se l'IRI era, come in realtà era, un covo di corruzione senza limiti
sarebbe stata giusto arrestare e processare Prodi, che la presiedette per 7
anni e non solo chi (Nobile) lo fece per soli 17 mesi.
Durante Tangentopoli, Di Pietro stava per arrestare Prodi, ma lui se ne
andò dritto a piangere (nel vero senso della parola) da Mancuso e dal
presidente della Repubblica Scalfaro, il quale, come presidente del Consiglio
Superiore della Magistratura, riuscì a non farlo incriminare. Tutto in un
giorno.
Durante il suo Governo nel 1996 regalò 5.000 miliardi alla Fiat per fare
una rottamazione.
Durante i fallimenti Parmalat e Cirio, Prodi difese i banchieri che
truffarono i risparmiatori e loro ricambiarono il favore con i loro
giornali schierati.
I PM dovrebbero usare lo stesso metro, lo stesso zelo sia con Fiorani che
con Consorte; o, almeno, sullo stesso Fiorani credergli sempre o mai. Anche
quando dice, e Boni conferma, d'aver dato 750 mila euro Palenzona (Margherita),
che sono 15 volte di più di quanto dato (e rifiutato) dal leghista Giorgetti.
Anche se il Corriere su Giorgetti ha fatto un titolo 15 volte più vistoso di
quello per Palenzona.
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