Pensare Globale e Agire Locale

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venerdì 26 luglio 2013

Turchia - la nuova via della Seta


Le cose di cui non si parla mai nel nostro dibattito localistico (come non si parla della risparmiosa e ambientalista Svizzera, che ha completato le perforazioni dei tunnel per la linea orizzontale (alternativa al passaggio per l’Italia) e verticale, collegata con Milano attraverso il Gottardo, a spese solo loro. Ma della svizzera non si parla neanche per il progetto in corso di realizzazione per ridurre il consumo energetico pro capite da oltre 6000 a 2000 watt annui, cosa di cui fa parte il passaggio da gomma a rotaia...

 Giuseppe Mancini - dal bollettino dell’Istituto Paralleli

Istanbul - Obiettivo 2023: 10.000 chilometri di alta velocità ed estensione totale della rete ferroviaria da 11.000 a oltre 25.000 chilometri. Un reticolo che si espande a vista d'occhio, che mette in comunicazione città prima semi-isolate favorendone lo sviluppo e che consente un più celere trasferimento delle produzioni industriali verso i mercati interni e d'esportazione.

Il ponte è praticamente pronto, mancano solo i collaudi. E' stato realizzato dall'italiana Astaldi, scavalca il Corno d'oro ed è parte integrante della nuova linea della metropolitana che – dal 29 ottobre 2013, l'anniversario della Repubblica – congiungerà la sponda occidentale e orientale di Istanbul attraverso un tunnel sotto il Bosforo. Lo stesso giorno, ci sarà anche un'altra inaugurazione ferroviaria: quella della linea ad alta velocità da Istanbul a Eskişehir, che proseguendo il viaggio consentirà di raggiungere la capitale Ankara in circa tre ore, contro le cinque attuali. Non solo, perché grazie alla Baku-Tbilisi-Kars e alla connessione Aktau-Urumchi – in fase di avanzata costruzione – si verrà a creare un passaggio ininterrotto da Londra alla Cina. E' la nuova “via della Seta” per il trasporto di passeggeri e di merci. La Turchia aspira infatti a diventare un hub nella rete di corridoi multi-modali tra l'Asia e l'Europa.

L'alta velocità è una novità recente, in Anatolia. La prima tratta – per l'appunto da Eskişehir ad Ankara – è entrata in funzione nel 2009, quella da Ankara a Konya due anni dopo, mentre il 23 marzo 2013 il primo ministro Erdoğan ha tagliato il nastro della Konya-Eskişehir. Gli obiettivi sono estremamente ambiziosi e sono stati esplicitamente enunciati nel programma elettorale per le politiche del 2011: costruire entro il 2023 – nel centenario della Repubblica – 10.000 chilometri di alta velocità, portare l'estensione totale della rete ferroviaria da 11.000 a oltre 25.000 chilometri. Un reticolo che si espande a vista d'occhio, che mette in comunicazione città prima semi-isolate favorendone lo sviluppo e che consente un più celere trasferimento delle produzioni industriali verso i mercati interni e d'esportazione. Solo per l'alta velocità è previsto un investimento complessivo – comprensivo dei lavori già eseguiti – di circa 20 miliardi di euro.

Sempre il 23 marzo, il premier turco ha più concretamente annunciato la costruzione entro il 2015 – anno in cui si terranno le prossime elezioni nazionali – di altre 14 linee, a partire dalla Istanbul-Izmir. Congiungeranno inoltre Eskişehir – snodo dell'Anatolia interna – alle province di Afyon, Bursa, Izmir, Kırıkkale, Manisa, Sivas, Uşak, Yozgat; Konya a quelle di Adana, Gaziantep, Karaman, Mersin, Osmaniye. Le altre previste, per un successivo futuro, sono Bursa-Izmir, Eskişehir-Antalya, Erzincan-Trabzon, Sivas-Erzincan, Kars-Diyarbakır. Nel frattempo, la compagnia statale Tdcc, dal 2009 al 2013 ha già accolto sui suoi treni nove milioni e mezzo di passeggeri, tutti sottratti ai potenti operatori di bus extra-urbani che hanno tratto vantaggio per decenni da una rete ferroviaria – alternativa debolissima – assolutamente inadeguata per uno stato moderno e in crescita. L’obiettivo è portare il traffico passeggeri e merci su rotaia - oggi a un livello ancora bassissimo - rispettivamente al 15% e al 20% del totale (ovviamente, quando tutto il sistema sarà completato, entro il fatidico 2023).

In questa determinatissima opera di innervamento, indispensabile per sostenere lo sviluppo economico della Turchia, i fondi di pre-accessione forniti dall'Unione europea – insieme ad altri finanziamenti internazionali – si sono rivelati indispensabili per tenere il bilancio sotto controllo. Già dal 2003, con un primo piano quinquennale lanciato dal governo da poco in carica dell'Akp, alla componente monetaria si è aggiunta quella legislativa: l'adeguamento progressivo all'acquis comunitario. Questo processo si è fondamentalmente concluso grazie alla legge approvata lo scorso 24 aprile – dopo un precedente decreto del 2011 – per la liberalizzazione del settore, in base ai principi già esistenti per autostrade e aeroporti.

In concreto, la nuova legge sancisce una separazione tra infrastrutture e servizi ferroviari. Se ne occuperanno due società distinte. La Tdcc manterrà la proprietà della rete, avrà il compito di proseguire col suo ampliamento – come previsto – e di gestirla; la novità è che operatori esterni potranno essere autorizzati a costruire delle tratte secondo il modello “build-operate-transfer”: costruirle, assicurarne il funzionamento (per al massimo 49 anni) in cambio dei proventi dell'attività, e cedere la proprietà al pubblico. Verrà poi costituita una seconda compagnia statale, la Türk Tren, che proporrà servizi commerciali di trasporto passeggeri e merci, ma lo farà in regime di concorrenza, perché il settore sarà aperto a operatori privati che potranno ricevere tratte in affidamento oneroso.

Per garantire il buon funzionamento del sistema – che secondo i piani entrerà completamente in vigore nell'arco di cinque anni – e determinare assegnazioni e costi, la Direzione generale dei trasporti ferroviari in seno al relativo ministero è stata trasformata in “autorità regolatrice”. Si attendono cospicui benefici: per le casse dello stato, che avrà meno compiti e non sarà più costretto a elargire sussidi, per i viaggiatori e gli operatori economici in virtù dell'effetto concorrenza sulle tariffe di mercato. O almeno per le tratte a maggiore redditività, perché il pubblico continuerà a sovvenzionare i servizi passeggeri – soprattutto nelle zone depresse del paese – strutturalmente in perdita, ma considerati essenziali.

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