Pensare Globale e Agire Locale

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mercoledì 28 agosto 2013

ITALIA – Era il 2007 Violante dichiarava: sbagliammo, Craxi capro espiatorio.


Saggio del deputato ds: il Pd nascerà sano se ammettiamo di aver criminalizzato i socialisti, inascoltato e tutto continua.

MILANO - Non è ancora nato e già si pensa a come non farlo spirare nella culla. E del resto la gestazione è stata lunga e sofferta, il rischio che il parto non sia indolore e che il decesso sia prematuro è alto.

Visto sotto questa luce, il titolo del saggio di Luciano Violante, Uncorrect - Dieci passi per evitare il fallimento del Partito democratico (Piemme, in uscita il 13 aprile), non suona iettatorio, ma solo giustamente cauto. Prudenza d' obbligo visto che, come spiega Violante, «il percorso è difficile, gli ostacoli sono molti e la possibilità di sbagliare è alta».

Ma occorre fare anche in fretta, ricorda il deputato diessino. La disputa sul Pd ricorda «quella sulla natura del cioccolato nel Cinquecento, che divise gesuiti e domenicani».

Per i gesuiti, il cioccolato era un liquido e quindi il credente poteva cibarsene durante la Quaresima. Per i domenicani era un solido. Dispute feroci. Ma, ricorda Violante, «mentre i cattolici erano impegnati in queste sottili discussioni, i protestanti si dedicarono subito e proficuamente all' industria del cioccolato».

Esauriti i prolegomeni, Violante prende spunto dal Pd per riflettere sul passato e compiere una profonda critica del sistema politico e della linea seguita dal suo partito, il Pci poi Pds e Ds. Partendo da Bettino Craxi. Perché tra le dieci condizioni per far venire alla luce un Pd sano, c' è la «questione socialista».

Violante riconsidera Craxi, una figura complessa che «non si può ricordare solo come uomo di Stato o solo latitante».

Craxi «fece del Psi la punta di diamante di un progetto di rinnovamento», fu animato «da un formidabile spirito innovativo», ma anche «da una totale indifferenza per la correttezza dell' agire politico». Craxi, dice Violante, sbagliò a non ascoltare gli appelli di Berlinguer sulla «questione morale», ma il leader del Pci avrebbe dovuto ascoltare anche le sue ragioni. E invece per i comunisti definirsi socialisti allora «equivaleva a un insulto».

Quel Pci, a posteriori, non piace granché a Violante, che pure ne fu una colonna: «L' autocompiacimento per la propria diversità che a volte era arrogante pretesa di superiorità intellettuale e morale, la tradizionale disattenzione per i diritti civili in nome di un primato dei diritti sociali, la scarsa laicità nei rapporti con la società e la Chiesa, il lungo ostracismo alle riforme istituzionali sono difetti che noi Ds dobbiamo riconoscere».

Violante chiede un mea culpa ai Ds: «Non basta una semplice parentesi in un discorso congressuale, ma occorre un' esplicita ammissione di errori politici gravi, che hanno pesato sulla storia d' Italia». Tra questi errori, c' è anche Craxi. Che «scelse l' esercizio del potere e ne rimase prigioniero», ma «fu violentemente sincero quando pose la questione del finanziamento della politica». Quella sincerità, «che era una chiamata di correo», «fu ignorata da tutti», tranne che dal verde Mauro Paissan.

Violante accusa: «Forse era difficile affrontare il tema, ma se lo avessero fatto, le cose sarebbero andate diversamente, con minore ipocrisia.

Questo silenzio fece di Craxi una sorta di capro espiatorio sull' altare del codice penale».

Una svolta sorprendente, soprattutto se a farla è un esponente considerato un «giustizionalista». Accusa che respinge, citando un Marcello Pera del ' 93, che chiedeva ai partiti «di alzare le mani, senza le furbizie che accompagnano i rantoli della loro agonia».

Ma il punto è un altro. È «la componente giacobina» che esisteva nella sinistra, «l' atteggiamento elitario, fastidioso e inconcludente», che portò «a un errore grave», quello di pensare che «eliminato il marcio, la vita politica sarebbe ripresa normalmente».

Non si capì allora che «andava salvaguardato non tanto Craxi, che avrebbe dovuto rispondere ai giudici, ma l' immenso patrimonio ideale e politico dei socialisti. Il Pds non distinse la responsabilità politica del gruppo dirigente del Psi, dal partito, dai militanti e dalla stessa idea di socialismo, concorrendo a criminalizzare l' intero partito».

Esaurito il capitolo, Violante affronta altri snodi centrali per far decollare il Pd. Che dovrebbe «sostenere il primato dell' interesse generale»; «superare la divisione delle forze riformatrici»; «difendere la laicità»; «riformare l' ordinamento della Repubblica»; «separare i privati interessi dalle pubbliche funzioni»; «battersi contro le nuove disuguaglianze»; far entrare giovani e donne nel gruppo dirigente». E presentarsi come partito della Costituzione, «non per bigottismo costituzionale», perché «il testo non è intangibile», ma per difenderne i valori.

Violante torna su un' altro punto chiave della storia, la morte di Aldo Moro: «Si è detto che uccidere Moro è stato il peggiore affare per i terroristi, perché la democrazia italiana si era ricompattata: non era vero». Al contrario: «Quell' omicidio segnò la fine di un importante progetto politico (un' azione comune dei riformatori delle due parti) e rallentò pesantemente lo sviluppo civile dell' Italia». Detto questo, Violante non condivide il recente ripensamento di Fassino: «Fui tra quelli che avversarono la linea della trattativa e non ho mutato opinione».

Affrontare e risolvere i nodi della storia della sinistra, fa capire Violante, è l' unica ricetta per salvare nella culla il Partito democratico. Da qui bisogna ripartire. Per le necessarie riforme, come quella elettorale. Violante pensa a modificare il bicameralismo perfetto, dando il voto di fiducia solo alla Camera: «Così si potrebbe definire una legge maggioritaria per la Camera e una proporzionale al Senato».

Tra i nodi da affrontare, quello del conflitto d' interessi, che non riguarda solo Berlusconi, ma anche «esponenti del centrosinistra», come Illy, Soru e Genovese.

Infine, occorre innestare una buona dose di «patriottismo civile». Il tutto, ricordando sempre che mentre si discute, i nuovi «protestanti» sono pronti ad avviare, subito e proficuamente, l' industria del cioccolato.

Trocino Alessandro

Pagina 11 (5 aprile 2007) - Corriere della Sera

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