Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 31 agosto 2013

ITALIA - Un socialista, se per di più 'lombardiano', non può mai dirsi renziano


Un socialista per di più lombardiano non potrà mai dirsi 'renziano' ne' potrà mai aderire ad un centro-sinistra che abbia come 'guida spirituale' il Sindaco di Firenze, anche in coppia con il suo naturale interfaccia Nichi Vendola, per un revival del 'catto-comunismo'.

Continuerà solitario, insieme a tantissimi altri ed altre, ad interessarsi non della 'politica', degradata a manutenzione e spartizione dell'esistente, nelle mani di potenti lobby, circoli e club imprenditorial-finanziari di dubbia trasparenza, limpidezza ed onestà intellettuale, ma della 'cultura' che privilegia, in assoluto, il pensiero umano e la sua evoluzione.

Continuerà, come non si stancava mai di dire l'ingegnere 'acomunista', a 'fare ricerca' sui vari campi - società e sua strutturazione; economia e relativo modello redistributivo; istruzione e conoscenza e loro loro diffusione; religione e laicità nel funzionamento dello Stato - che hanno una non secondaria influenza sulla formazione e l'identità della persona umana.

Un lascito, questo, che a ben rivisitare la storia della sinistra dei primi del '900, Lombardi mutuò da quel 'filone culturale' di grandi eretici che conobbe bene come Antonio Gramsci, Piero Gobetti, i fratelli Rosselli, che per tempo compresero sia la violenza del fascismo che del comunismo vigente nell'Urss nel Regime marxista-leninista di Stalin.

Un socialista lombardiano non potrà, dunque, mai scegliere Renzi pur in coppia con Vendola, anche se entrambi promettono di aderire all'Internazionale socialista. Avrà sempre a mente l'aspirazione del 'giellista', Bruno Trentin, pronunciata nel 2006, "vorrei poter morire socialista", quando si stava costruendo l'attuale Partito democratico. "Comprendo perfettamente la preoccupazione di De Mita di non finire almeno per ora nell'Internazionale socialista.

Sono però sicuro che De Mita comprenderà le intenzioni di persone come me di partecipare a questo processo unitario e nello stesso tempo - osservava - di morire socialista. Comprendo Chiamparino [oggi vicinissimo a Renzi], quando si dichiara il sindaco di tutti e conseguentemente un uomo di centro ma credo che non debba dimenticare che è stato eletto sulla base di un programma anche nazionale che sa distinguere tra operai e banchieri, fra salario, profitto e rendita".

Comandante della 'brigata Rosselli', Trentin partecipò alla Liberazione di Milano accanto ai capi di 'Giustizia e Libertà', Ferruccio Parri, Leo Valiani, Vittorio Foa e Riccardo Lombardi, con cui ebbe un lunghissimo e solido feeling tanto da esser chiamato 'il lombardiano del Pci'.

Due anni prima, nel 2004, in 'La libertà viene prima di tutto', spiegò il male che opprimeva la sinistra con 'il trasformismo' che "[...] identificava la politica con l'arte di adesione alle circostanze e con l'imperativo della governabilità [...] in presa diretta con la modernizzazione senza aggettivi di un paese in ritardo rispetto all'Europa".

Inascoltato - lo fu Lombardi quando denunciò "la mutazione genetica" nel suo Psi: "ci sono oggi più socialisti in carcere che durante il fascismo" - continuò a sollecitare un cambiamento di linea e strategia dando senso al riformismo e alle riforme: "la cultura trasformistica che circola anche fra le varie componenti della sinistra e che si arrovella sulle formule, alla ricerca di un 'apriti Sesamo' che schiuda loro la strada dell'accesso nel club delle classi dirigenti viene così distratta da una riflessione laica sulle autentiche trasformazioni della società e sul loro essere sempre aperte a esiti diversi, per subire l'influenza delle mode culturali delle classi dominanti senza riflettere criticamente sui loro agganci effettivi con le realtà della società civile".

Un socialista lombardiano continuerà su questa strada della ricerca senza soste per diffondere l'idea che è possibile costruire "una società più ricca perché diversamente ricca", in linea con le 'società progressiste' cui lavora i socialisti europei, per tenere assieme la soddisfazione dei 'bisogni materiali', legati alla sopravvivenza, con la possibilità di disporre di quei 'bisogni immateriali' indispensabili per 'la vita' reale, ossia conoscenza della realtà umana, tempo libero per se e per gli altri e rapporti interumani fecondi.

CARLO PATRIGNANI

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