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giovedì 26 settembre 2013

GOVERNO IN BILICO? Dimissioni dei parlamentari? Come funziona.


Nessun vuoto alle Camere. Ecco perché la minaccia del Pdl non porta alla crisi.

Lo strappo al governo da parte dei deputati Pdl, che si sono detti pronti a dimettersi in massa in caso di decadenza di Silvio Berlusconi, non avrebbe l'effetto sperato di provocare uno scioglimento automatico delle Camere e quindi la fine della legislatura.
La crisi di governo tanto minacciata dai seguaci del Cavaliere, infatti, rischia di non verificarsi. Prima di tutto perché non è detto che tutti i peones del Pdl siano pronti a sacrificare la propria poltrona per difendere gli interessi del capo, ma anche per alcuni motivi strettamente tecnici. Vediamo quali.

1. Nessuno può essere costretto a dimettersi


Quando si parla di mandato parlamentare e di dimissioni, occorre tenere conto dell'articolo 23 della Costituzione, che recita: «Nessuna prestazione personale può essere imposta se non in base alla legge». E dell'articolo 67 della Costituzione, in base al quale «ogni membro del parlamento esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».
I cittadini sono dunque liberi di accettare o meno la candidatura alle elezioni politiche, e si tutela anche la libertà per gli eletti di continuare o meno ad esercitare le loro funzioni in base a una scelta individuale. È per questo che le dimissioni non possono essere imposte dalle segreterie dei partiti.

2. Tempi lunghi per la prassi di respingere l'addio


L'accettazione delle dimissioni di ogni singolo parlamentare richiede per definizione tempi piuttosto lunghi. Ai sensi dell’articolo 49, comma 1, del Regolamento della Camera, e dell’articolo 113, comma 3, del Regolamento del Senato, la votazione ha luogo a scrutinio segreto, poiché si tratta di una questione riguardante persone.
Esiste inoltre una prassi parlamentare consolidata che prevede che le dimissioni di un deputato o di un senatore vengano sempre respinte una prima volta dall'Aula come gesto di cortesia e quasi sempre anche una seconda volta. L'accettazione avverrebbe quindi solo in terza battuta: possono passare anche mesi.

3. Subentra il primo dei non eletti


Un altro meccanismo che renderebbe molto lunghi i tempi consiste nel fatto che per regolamento al parlamentare dimissionario subentra automaticamente il primo dei non eletti della sua lista. Tra accettazione o non accettazione della nomina e poi insediamento ed eventuali nuove dimissioni del neoparlamentare passano diverse settimane.
Una procedura lunga e macchinosa, tra l'altro senza garanzie che i neoparlamentari decidano anche loro di dimettersi subito.

4. Nessuna crisi senza l'intervento del capo dello Stato


In ogni caso, proprio per il meccanismo automatico che stabilisce il subentro dei primi dei non eletti, le dimissioni dei parlamentari non provocano la crisi di governo né producono vuoti nelle Camere. E le attività legislative potrebbero teoricamente proseguire fino a un eventuale intervento di scioglimento da parte del capo dello Stato Giorgio Napolitano.

5. Impossibile salvare Silvio Berlusconi  


Anche nell'eventualità di dimissioni di massa, quindi, in ogni caso Silvio Berlusconi sarebbe destinato a uscire da Palazzo Madama e, per gli effetti della legge Severino, non potrebbe ripresentarsi per una eventuale nuova elezione.

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