Il dibattito sulla sorte dell’ex
premier sarebbe inconcepibile in qualunque democrazia occidentale. Ma in Italia
tocca il cuore della cultura nazionale, che una sconfitta della giustizia
contribuirebbe a rendere immutabile.
TimParks 6 settembre
2013 THE NEW YORK REVIEW OF BOOKS
New York City
Salvatemi dal carcere o trascinerò
il paese insieme a me. Questo, in sostanza, è il messaggio che Silvio
Berlusconi – quattro volte primo ministro, proprietario delle tre reti
televisive commerciali più importanti del paese, imputato molteplici volte per
reati penali – ha appena lanciato al governo italiano. Questo messaggio spiega
una volta per tutte la natura esatta della posta in gioco in Italia in questo
periodo: l’Italia è uno stato moderno nel quale vige la legalità, oppure è il
feudo di un fuorilegge dichiarato? Ora come ora, non è dato sapere quale
opinione prevarrà.
Dopo una decina di processi, molti
dei quali hanno superato tutti i tre gradi di giudizio previsti
dall’ordinamento della giustizia italiana (di primo grado, d’appello e di
cassazione), dopo aver creato leggi ad personam per depenalizzare i reati da
lui stesso commessi o aver fatto ricorso a tattiche dilatorie affinché i
processi si allungassero a dismisura fino a far cadere in prescrizione i reati,
o dopo essere stato giudicato colpevole a un grado di giudizio per essere
prosciolto al successivo, Berlusconi ha infine ricevuto una condanna penale
definitiva e inappellabile per frode fiscale al terzo grado di giudizio.
Condannato a quattro anni di
detenzione, ha beneficiato di un condono istituito per svuotare le carceri
italiane. Ciò ha ridotto la sua pena a un solo anno di prigione, senza contare
che essendo ultrasettantenne gli sarà possibile scontare la pena in una delle
sue molteplici dimore di lusso. In ogni caso, in quanto membro eletto del
senato, egli gode dell’immunità, non può essere arrestato né obbligato agli
arresti domiciliari finché il senato non ne avrà approvato l’espulsione, con
una votazione che potrebbe svolgersi a settembre. Adesso ha fatto sapere che se
voteranno a favore della sua decadenza egli trascinerà con sé l’intero governo.
Che Berlusconi possa effettivamente
provocare scompiglio è evidente
Che Berlusconi possa effettivamente
provocare scompiglio è evidente. Egli dirige – in un certo senso ne è
proprietario – uno dei due grandi partiti dell’attuale coalizione di governo
che si sta faticosamente impegnando per varare riforme di somma importanza,
studiate per arrestare l’ormai drammatico declino dell’economia italiana, e in
definitiva ispirare un po’ di fiducia negli investitori esteri. Se Berlusconi
ritirasse il suo partito dalla coalizione, come ha minacciato di fare, sarebbe
difficile formare un altro governo con l’attuale parlamento privo di
maggioranza.
Il timore è che un simile esito
possa paralizzare il paese, riportando l’Italia indietro al punto esatto in cui
si trovava due anni fa, quando le pressioni dei mercati finanziari parevano
prossime ormai a costringerla a chiedere un bailout all’Ue o a prendere in
considerazione un’uscita istantanea dall’euro. Al momento il 40 per cento dei
giovani italiani è disoccupato, mentre la produzione del settore manifatturiero
è inferiore del 26 per cento ai livelli raggiunti nel 2007.
Se Nixon si fosse rifiutato l’impeachment
e avesse cercato in qualche modo di restare aggrappato al potere, sarebbe stato
destituito all’istante. La stessa cosa accadrebbe a qualsiasi leader nelle più
importanti democrazie europee. La maggior parte di loro si dimetterebbe al
primo sentore di una grave imputazione nei propri confronti, consapevole che il
loro partito non appoggerebbe mai qualcuno che ne può mettere a repentaglio la
causa.
L’aspetto veramente preoccupante
dell’attuale situazione in Italia non è tanto la sfacciataggine di Berlusconi,
quanto il fatto che il suo ricatto sia attuabile e permissibile. Per quanto
sconcertante possa sembrare a chi non ha familiarità con l’Italia, perfino i
quotidiani più seri e i commentatori più rispettabili appaiono restii a
insistere per il rispetto della legge: di rado parlano dei suoi reati nei
dettagli e di fatto avvalorano la tesi secondo la quale estromettere Berlusconi
dalla scena politica equivarrebbe a privare del diritto di voto i milioni di
elettori che lo hanno favorito alle precedenti elezioni, come se in parlamento
non esistesse un partito autonomo in grado di rappresentare le loro opinioni,
come se non fossero liberi di scegliere un altro leader prima delle prossime
elezioni. Come è stato possibile arrivare a tanto?
Una delle cause è la personalità
dello stesso Berlusconi: è un uomo intrigante, carismatico, persuasivo e
implacabile. Il suo preminente impero mediatico funge da amplificatore di
queste sue qualità, consentendogli di plasmare il dibattito nazionale di
continuo. I suoi oppositori sono in buona parte visti attraverso lo specchio
distorto dei media che egli stesso controlla: se cercano di attaccarlo, sono
presentati come soggetti ossessionati da Berlusconi. Se ne denunciano le
malefatte, sono accusati loro stessi di cercare di sconfiggerlo nei tribunali
invece che alle urne, un segnale di debolezza.
Eppure nessuno di questi motivi –
siano essi presi in considerazione singolarmente o tutti insieme – sarebbe
sufficiente di per sé a permettere a Berlusconi di tenere una nazione alla sua
mercé e col fiato sospeso così a lungo se nella cultura italiana non esistesse
qualcosa che predispone il popolo a lasciarsi ammaliare, incantare, persuadere
e soprattutto intimidire – al punto da essere pronto, insomma, a credere alle
promesse di Berlusconi o ad accettarne la presenza come inevitabile.
Il successo di Berlusconi, pertanto,
non è un inconveniente temporaneo o un’anomalia, ma è radicato nel cuore stesso
della cultura italiana, e mette il luce lo scetticismo molto diffuso che in
Italia sia impossibile far pulizia nella politica o renderla equa anche
soltanto in parte. Di conseguenza, quando Berlusconi ripete che le accuse
penali contro di lui sono soltanto menzogne, inventate di sana pianta dai suoi
avversari, le sue parole trovano terreno fertile.
A molte persone in realtà la
situazione attuale va benissimo, in quanto legittima le loro stesse piccole
trasgressioni
A molte persone in realtà la
situazione attuale va benissimo, in quanto legittima le loro stesse piccole
trasgressioni, le loro evasioni fiscali. Di conseguenza, se la giustizia
prevarrà e Berlusconi sarà estromesso dalla vita politica, milioni di italiani
non la considereranno una vittoria della legalità (qualcosa che potrebbe
rendere la vita più difficile per tutti), bensì semplicemente una battaglia
vinta dalla controparte.
Dai tempi di
Leopardi
In sintesi, le contrapposizioni tra
buono/cattivo, morale/immorale, o anche efficace/inefficace in base alle quali
noi presumiamo che i politici debbano essere valutati e giudicati, in Italia
sono sempre subordinate alla questione preponderante del vincere o dell’essere
sconfitti, l’unica cosa in assoluto che conti. E Berlusconi si è sempre
presentato, più di ogni altra cosa, come un vincente.
Nel 1826, annotando le sue
osservazioni sulle consuetudini italiane, il poeta Giacomo Leopardi rifletteva
che nessun italiano è mai stato ammirato o condannato fino in fondo, ma ha
sempre avuto sostenitori e denigratori anche dopo la morte. Ciò è sicuramente
vero, dagli eroi ai farabutti della vita italiana, da Mazzini, Garibaldi e
Cavour, passando per Mussolini fino a Craxi, Andreotti e Berlusconi.
Secondo Leopardi per gli italiani
era difficile immaginare un leader come qualcosa di più del capo di una fazione
o di un gruppo di interessi particolari, e quindi non avrebbero mai cambiato
opinione su di lui, quali che siano le conseguenze della sua leadership. Poiché
di fatto una certa parte dei suoi elettori crede che egli stia portando avanti
la loro battaglia contro un vecchio nemico, i suoi reati e i suoi errori sono
irrilevanti.
Pertanto, quando i saggi columnist
di alcuni dei quotidiani più illustri e stimati del paese suggeriscono che
potrebbe essere meglio salvare Berlusconi e il governo, di fatto avallano la
convinzione consacrata dal tempo secondo cui la politica sarà sempre corrotta.
Se a Berlusconi sarà risparmiato il carcere, anche solo gli arresti
domiciliari, e se gli sarà consentito continuare a fare politica, la percezione
che un leader politico è più un signorotto feudale che un cittadino come gli
altri sarà confermata, e non ci sarà alcuna possibilità che il comportamento
degli italiani cambi per molti anni a venire. (Traduzione di Anna Bissanti)
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