17 ottobre
2013 - Martedì scorso, la Commissione Giustizia del Senato aveva approvato
un emendamento presentato dal senatore Felice Casson del PD che
modificava l’articolo 414 del codice penale, quello che riguarda
l’istigazione a delinquere. La norma, presentata da tutti i gruppi e votata a
maggioranza, prevede un aggravio di pena del 50 per cento «se l’istigazione o
l’apologia riguarda delitti di terrorismo, crimini di genocidio, crimini contro
l’umanità o crimini di guerra. La stessa pena si applica a chi nega l’esistenza
di crimini di genocidio o contro l’umanità».
Mercoledì 16
ottobre, giorno del settantesimo anniversario del rastrellamento del
Ghetto di Roma, il presidente del Senato Piero Grasso aveva inoltre chiesto che
la Commissione Giustizia approvasse direttamente un disegno di legge che
avrebbe previsto una pena per «chi nega l’esistenza di crimini di
genocidio o contro l’umanità»; ma poiché il regolamento del Senato prevede
che il presidente possa assegnare la sede deliberante solo se non c’è
la contrarietà di un gruppo «che abbia forza sufficiente», la decisione è
stata rinviata all’analisi dell’aula per iniziativa di alcuni senatori del
Movimento 5 Stelle e di Enrico Buemi del PD. Buemi ha poi detto che «la
fretta con cui si voleva procedere senza neppure convocare la riunione dei
capigruppo offende la memoria delle vittime dell’Olocausto»
Se anche
fosse stata approvata la richiesta di Grasso, il decreto legge avrebbe dovuto
essere ratificato sia dal Senato che dalla Camera, dove con tutta probabilità
sarebbe stato modificato in alcune sue parti: è comunque stato il tentativo più
approfondito di rendere il cosiddetto “negazionismo” un reato punibile anche in
Italia.
Il
negazionismo
Il negazionismo è una corrente storica che ha spesso pesanti risvolti politici. Non si limita a reinterpretare determinati fatti della storia in modo contrario a quello comunemente accettato dagli storici (“revisionismo”), ma si spinge fino a negare la realtà storica di alcune vicende. Si usa principalmente a proposito di avvenimenti legati a fascismo e a nazismo, mentre il revisionismo storico è il nome più generale di un atteggiamento culturale che interessa argomenti e impostazioni lontanissime: per citare un caso estremo, i cosiddetti “storici revisionisti israeliani” sono un gruppo di studiosi che a partire dagli anni Ottanta ha messo in discussione la ricostruzione dominante della nascita dello stato di Israele.
Il negazionismo è una corrente storica che ha spesso pesanti risvolti politici. Non si limita a reinterpretare determinati fatti della storia in modo contrario a quello comunemente accettato dagli storici (“revisionismo”), ma si spinge fino a negare la realtà storica di alcune vicende. Si usa principalmente a proposito di avvenimenti legati a fascismo e a nazismo, mentre il revisionismo storico è il nome più generale di un atteggiamento culturale che interessa argomenti e impostazioni lontanissime: per citare un caso estremo, i cosiddetti “storici revisionisti israeliani” sono un gruppo di studiosi che a partire dagli anni Ottanta ha messo in discussione la ricostruzione dominante della nascita dello stato di Israele.
Ma torniamo
al negazionismo. Un piccolo numero di persone, fin dalla fine della Seconda
guerra mondiale, rifiuta il fatto accertato che lo stato tedesco abbia
perseguito una politica di sterminio sistematico nei confronti degli ebrei
mediante l’utilizzo di camere a gas. Non negano che ci siano state violenze o
uccisioni, che vengono spesso spiegate con le consuete pratiche di guerra, ma
sostengono che la cifra complessiva degli ebrei sterminati sia un’enorme
esagerazione e che nei campi europei controllati dai tedeschi non vi fu mai
nessuna camera a gas, ma ad esempio camere per la pulizia e la disinfestazione
dei vestiti, progettate per prevenire la diffusione di malattie tra i
prigionieri.
Ritengono
poi che la ricostruzione storica condivisa sull’Olocausto sia il frutto della
propaganda dai governi alleati per giustificare la guerra a posteriori, oltre
agli accordi post-bellici, o per distogliere l’attenzione dai
presunti crimini contro l’umanità commessi dagli Alleati stessi. Le tesi
principali dei negazionisti, come la non esistenza delle camere a gas e di un
piano di sterminio, sono totalmente screditate da un’enorme quantità di
documenti, testimonianze e prove materiali: gran parte delle loro
argomentazioni discendono da una lettura distorta dei documenti storici e si
basa su errori di argomentazione. Per chi volesse saperne di più c’è questo
articolo di Valentina Pisanty pubblicato pochi giorni fa su Minima et
Moralia.
Già
nell’immediato dopoguerra, l’intellettuale francese Maurice Bardèche tentò
di negare o ridurre la responsabilità del Terzo Reich nella cosiddetta
“soluzione finale”. Negli anni Cinquanta, si aggiunse un ex deportato politico
nel campo di Buchenwald, Paul Rassinier, che nella sua opera Le
Mensonge d’Ulysse definì la Shoah una «menzogna storica» elaborata
dagli Alleati ai danni dei tedeschi. Rassinier pose le basi su cui si sarebbero
costruite le future teorie negazioniste.
Nel 1976,
negli Stati Uniti, venne pubblicato un testo intitolato La menzogna del
Ventesimo secolo, in cui Arthur Butz poneva in dubbio l’Olocausto. Una
delle figure centrali nella diffusione del negazionismo fu però Robert
Faurisson, professore di letteratura francese all’università di Lione, le cui
teorie sono state recentemente riproposte in Italia dal
quotidiano Rinascita, diretto da Ugo Gaudenzi. Faurisson
concentrò il suo lavoro soprattutto sul diario di Anna Frank, da sempre oggetto
di particolare attenzione dei negazionisti che lo considerano un falso, e sulla
cosiddetta teoria “dell’impossibilità tecnica delle camere a gas”.
Il “caso
Faurisson” esplose in Francia nel 1979 dopo la pubblicazione su importanti
quotidiani di alcuni suoi scritti e la sua sospensione dall’insegnamento, a cui
si accompagnarono un documento di 34 storici che lo accusavano di “oltraggio
alla verità” e un documento di altri intellettuali che difendevano invece la
sua “libertà di parola”: tra questi ultimi, anche il linguista statunitense
Noam Chomsky. Sempre negli Stati Uniti, dove le posizioni negazioniste sono
sempre state protette dal Primo emendamento della Costituzione, che tutela la
libertà di parola, l’Institute for Historical Review
è diventato nel tempo il punto di riferimento principale per il movimento.
Il
principale esponente del negazionismo in Italia è Carlo
Mattogno, nato a Orvieto nel 1951 e membro dell’Institute for
Historical Rewiew. Dal 1985 ha scritto numerosi libri pubblicati ad
esempio dalle “Edizioni AR”, di proprietà di Franco Freda, dalla casa
editrice “Effepi” di Genova o dalla casa editrice “Sentinella d’Italia” della
destra radicale italiana. Tra questi, Il mito dello sterminio ebraico, in
cui nega che lo sterminio degli ebrei sia mai esistito, Il rapporto
Gerstein: anatomia di un falso, in cui dichiara falsa la testimonianza
di Kurt Gerstein sul processo di sterminio
mediante il gas, e La Risiera di San Sabba: Un falso grossolano che
riguarda le ricostruzioni sul lager di San Sabba.
Gli altri
paesi
Il negazionismo, inteso come negazione del genocidio del popolo ebraico e di alcuni altri eventi storici come il genocidio degli armeni è punito, tra gli altri, in Francia, Austria, Belgio, Germania, Svezia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Polonia, Romania ma anche in Canada e Australia. In Francia, ad esempio, la “legge Gayssot”, dal nome del parlamentare che la propose, esiste dal 1990: Jean-Marie Le Pen, del Front National, è stato definitivamente condannato in base a quella legge nel giugno di quest’anno, per aver pronunciato nel 2005 frasi che minimizzavano i crimini dei nazisti durante l’occupazione. In Belgio una legge simile esiste dal 2005, in Svizzera dal 1994 e in Germania dal 1985: per il reato di negazionismo è prevista una pena detentiva fino a 5 anni di carcere. In base alla legge tedesca, nel 1992, è stato condannato l’ex ufficiale nazista Otto Ernst Remer.
Il negazionismo, inteso come negazione del genocidio del popolo ebraico e di alcuni altri eventi storici come il genocidio degli armeni è punito, tra gli altri, in Francia, Austria, Belgio, Germania, Svezia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Polonia, Romania ma anche in Canada e Australia. In Francia, ad esempio, la “legge Gayssot”, dal nome del parlamentare che la propose, esiste dal 1990: Jean-Marie Le Pen, del Front National, è stato definitivamente condannato in base a quella legge nel giugno di quest’anno, per aver pronunciato nel 2005 frasi che minimizzavano i crimini dei nazisti durante l’occupazione. In Belgio una legge simile esiste dal 2005, in Svizzera dal 1994 e in Germania dal 1985: per il reato di negazionismo è prevista una pena detentiva fino a 5 anni di carcere. In base alla legge tedesca, nel 1992, è stato condannato l’ex ufficiale nazista Otto Ernst Remer.
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