Il presidente francese è in
picchiata nei sondaggi a causa del mancato rispetto delle promesse elettorali.
Per riprendere quota deve abbandonare i vecchi schemi della sinistra e
abbracciare la socialdemocrazia. Estratti.
Eric Le
Bouucher 30 ottobre
2013 SLATE.FR Parigi
Ci troviamo nel momento cruciale del
percorso di François Hollande. Il presidente francese si trova sotto il tiro
incrociato del suo schieramento e della destra. Riuscirà a uscire da questa
situazione?
Credo che Hollande debba dare una
risposta concreta alla conversione del socialismo francese sulla strada della
socialdemocrazia. In altre parole deve "demarxizzare" la sinistra.
Purtroppo eredita un partito che – per colpa di tutti i leader socialisti, lui
compreso – fa un'analisi completamente diversa della crisi, in cui si fa appello
al ritorno alla lotta di classe. Il lavoro "contro" il capitale!
Il Partito socialista (Ps) non
sembra andare verso il ventunesimo secolo, ma al contrario sembra rifugiarsi
nel diciannovesimo. Per il Ps la questione centrale è quella delle
disuguaglianze: bisogna tassare i ricchi. Hollande deve fare i conti con
numerosi consiglieri e ministri che la pensano così, e ha un parlamento dove
molti deputati sono sulla stessa lunghezza d'onda.
Da candidato ha capito che la crisi
era probabilmente più complessa rispetto a questi ragionamenti. Ma ha promesso
poco e ha detto che l'inizio del quinquennio sarebbe stato difficile e che i
frutti potranno essere distribuiti solo in seguito. Si è mostrato prudente,
qualcuno potrebbe dire esitante.
Il problema di Hollande è che non è
un intellettuale. Questo è il suo difetto fondamentale: è privo di una visione
d'insieme. In quanto realista e pragmatico ha capito molto presto che il
sistema socialista era morto, ma non ha nulla da proporre al suo posto, se non
il suo gusto per il compromesso. Uomo di piccoli progetti, Hollande manca di un
grande progetto di sintesi fra socialismo e modernità.
È questa mancanza che spiega perché
nonostante il suo programma prudente il presidente francese abbia preso due
cattive direzioni. Circondato da un apparato socialista molto critico contro le
disuguaglianze, le banche e le grandi società quotate in borsa, Hollande non si
è reso conto che il problema principale della Francia era la sua scarsa
competitività. Le imprese non guadagnano troppo denaro, non ne guadagnano
abbastanza!
In seguito ha corretto il tiro, in
particolare con il rapporto Gallois nell'estate 2013. Il Ps è rimasto
interdetto, molti non si sono ancora rimessi da questa svolta e vedono in
questa "politica dell'offerta" un "regalo" al mondo
imprenditoriale. Un vocabolario da diciannovesimo secolo.
Gli economisti gli hanno consigliato
di essere prudente
L'altro errore è di bilancio.
All'inizio la logica del Ps è stata quella di aumentare le imposte, in
particolare nei confronti dei ricchi, per ridurre il deficit. Tassare i ricchi
e dare agli altri, questo avrebbe permesso di risanare il sistema. Inoltre sulla
riduzione delle spese – l'altra possibilità di una politica di rigore – il
presidente è stato piuttosto prudente. In quanto socialista non vuole
scontentare i suoi elettori funzionari statali. Inoltre gli economisti gli
hanno consigliato di essere prudente. Con la crescita nulla del 2012,
giustificate considerazioni keynesiane richiedono di non ridurre troppo le
spese pubbliche. Altrimenti la Francia avrebbe rischiato come l'Italia di
sprofondare nella recessione. La richiesta a Bruxelles di altro tempo per
rientrare nei parametri di Maastricht era legittima e del resto è stata
accettata.
Ideologia
keynesiana
Così questa politica, in cui si
mescolano pregiudizi contro i ricchi, un'ideologia keynesiana e considerazioni
elettorali, ha dato vita allo "shock fiscale" del 2012: 30 miliardi
di euro di imposte. Ma in un paese dove le tasse e i prelievi di vario genere
sono già molti alti, questa politica ha acceso la miccia della rivolta fiscale.
Nel 2013 un terzo degli sforzi ha riguardato una riduzione delle spese, mentre
i rimanenti due terzi sono stati ottenuti attraverso il prelievo fiscale, e
questa volta non solo sui ricchi ma su tutti, compresa la classe media.
Nel 2014 il governo spera che
l'economia ricomincerà a crescere, le considerazioni keynesiane saranno meno
pressanti e l'80 per cento degli sforzi riguarderà i risparmi mentre il 20 per
cento le imposte. Nel 2015 Hollande ha promesso che il 100 per cento della
politica di rigore riguarderà la spesa.
Un clima di scontento fiscale che
rasenta l'insurrezione
In questo caso in tre anni la svolta
sarà totale, Hollande arriverà infine a una sana linea di politica economica
basata sulla competitività e sulla riduzione strutturale della spesa. Ma
l'ambiguità è durata troppo a lungo e la "pedagogia" è stata assente.
Da un lato abbiamo una maggioranza che tutti i giorni critica e rimprovera un
presidente socialdemocratico; dall'altro un clima di scontento fiscale che
rasenta l'insurrezione.
Che cosa può fare Hollande? Anche a
costo di prendere in contropiede il Ps e la sua maggioranza, il presidente
dovrebbe accelerare sulla nuova strada intrapresa. La competitività francese
non è ancora sicura, e di conseguenza bisogna andare più lontano. La riduzione
delle spese dovrebbe essere l'occasione per rendere più efficienti i servizi
pubblici
Hollande voleva essere
socialdemocratico? Allora che lo sia veramente. Il corpo politico e sociale
sono esasperati. (Traduzione di Andrea De Ritis)
Dalla
Germania
Un clima di
rivolta
La Francia “è sull'orlo di una
rivolta”, constata la Frankfurter Allgemeine Zeitung
secondo cui il paese è ormai “ingovernabile”
Il governo socialista non è riuscito
a imporre le sue decisioni. Che si tratti dell’introduzione di un’ecotassa,
della tassazione delle assicurazioni sulla vita o di un aumento della pressione
fiscale sulle imprese, regolarmente il paese viene attraversato da un’ondata di
contestazioni che spingono il governo a fare marcia indietro nel giro di
qualche giorno. E così all’accusa di incompetenza si aggiunge l’impressione di
debolezza.
Secondo il quotidiano tedesco
“Hollande paga il prezzo di una vittoria ottenuta grazia a un programma utopico
in cui prometteva che la Francia avrebbe superato la crisi finanziaria ed
economica senza imporre sacrifici ai cittadini”. Il rischio, prosegue la Faz, è
che
i socialisti, al potere nella
maggior parte delle grandi città, possano essere duramente sconfitti [alle
prossime municipali]. In vista delle elezioni europee il Front National di
Marine Le Pen rischia di essere il primo partito davanti ai conservatori
dell’Ump. In base alle ultime previsioni i socialisti potrebbero arrivare soltanto
terzi.
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