Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 4 gennaio 2014

EUROPA - La seconda rifondazione dell’Ue


Cinque anni di crisi hanno segnato l'Unione, aumentando la sfiducia tra gli stati membri. Più che misure economiche servono un ritorno alla politica e un gruppo dirigente più autorevole.

Claudi Pérez EL PAIS Madrid

La tempesta finanziaria ha profondamente segnato l'anima europea. Una brutta cicatrice attraversa il continente da nord a sud. I vecchi e i nuovi stereotipi non mancano: le bugie greche, la delirante esuberanza spagnola, la temerarietà irlandese, l'egoista egemonia tedesca. Di fronte a questo dialogo da sordi fra creditori e debitori, ci si rende però conto che tutta la zona euro condivide lo stesso destino.

Con il tempo le certezze sono venute meno e i tabù sono stati violati, abbiamo superato i limiti che ci eravamo imposti e abbiamo riscritto le regole auree in una serie di decisioni affrettate. Questa serie di misure ha permesso di evitare il peggio, anche se oggi ci ritroviamo in mezzo alle loro numerose conseguenze imprevedibili.

Così terminano cinque anni di crisi, con l'impressione che non ci sia mai stato un vero progetto per affrontarla. Bisogna adesso impegnarsi nella seconda rifondazione dell'Unione (dopo il periodo fondatore degli anni cinquanta e dopo la prima transizione, che ha portato alla caduta del Muro, alla creazione dell'euro ed è culminata nell'adesione del blocco dell'Europa orientale).

L'ossessione dei vertici di questi ultimi anni ha portato a un clima di rigore generalizzato. Nessuno rimette in discussione questa strategia, anche se alcuni ammettono degli errori di diagnosi in alcuni paese e una reazione eccessiva da parte di tutti, imputabile alla gravità della crisi del debito nel 2010. Bruxelles ha corretto il tiro, ma la realtà vuole che solo la Germania abbia ritrovato un pil ai livelli di prima della crisi.

Nella battaglia l'Europa ha progressivamente perso gli europei: i responsabili sono preoccupati di fronte alla crescente delusione nei confronti dell'Europa a sei mesi dalle elezioni. All'avvicinarsi di questo appuntamento il 60 per cento degli europei dice di non avere fiducia nell'Ue contro il 31 per cento di prima della crisi, stando agli ultimi dati di Eurobarometro.

L'Unione era e rimane una sorta di spedizione verso l'ignoto. Non abbiamo mai avuto una carta per decifrare i labirinti di quella nebulosa che si chiama Bruxelles. Di fronte a questa lotta eterna fra quello che è possibile e quello che è auspicabile, l'Ue deve trovare una via intermedia fra chi pensa che il disordine porterà allo stato federale (creando così gli improbabili Stati Uniti d'Europa) e chi invece punta a una versione europea di Apocalypse Now di Francis Coppola su colonna sonora di Wagner.

"È probabile che non vi sarà ne un passaggio a uno stato federale né uno smembramento. Questa seconda transizione comincerà e sarà accompagnata da inevitabili delusioni, come l'eterna promessa dell'ipotetico ritorno della grande politica", dice Luuk Van Middelaar, una delle voci più interessanti di Bruxelles. Si tratta dell'autore dell'indispensabile Il passaggio all'Europa e dei discorsi di Herman Van Rompuy. Van Middelaar definisce l'Unione come "uno stato di transizione permanente". "È importante riconquistare rapidamente la fiducia della popolazione, cosa che è impossibile senza un vero progetto globale e senza una leadership", ripete l'autore.

L'analista Moisés Naím è dello stesso parere: "Né le istituzioni europee né i dirigenti politici nazionali hanno oggi il potere sufficiente per riuscirci. […] L'Europa era forte quando i suoi dirigenti erano forti. La situazione attuale – Barroso, Ashton, Van Rompuy e così via – non basta più".

Il mondo non è in crisi, ma l'Europa sì. I problemi non sono economici – o quanto meno non solo – ma piuttosto politici e istituzionali. Si tratta soprattutto di una crisi di governance. Si assiste inoltre a una sorta di rivincita della storia, della demografia e della geografia. Questi cambiamenti si inseriscono nel quadro di un movimento tellurico che sposta il centro del mondo in direzione del Pacifico.

Vizi privati


Al di là della politica o piuttosto proprio per la sua assenza, il futuro è diffuso. André Sapir, che lavoro al centro di riflessione Bruegel, osserva che l'obiettivo principale della zona euro nel corso dei prossimi cinque anni sarà proprio quella di riuscire a uscire da questa situazione: "Quello che preoccupa è che delle decisioni sono state prese senza alcun consenso sulla natura o sulle cause della crisi. E per questo possiamo solo aspirare a uscire da questa situazione".

Daron Acemoglu, autore di un libro fondamentali di questi ultimi tempi – Why Nations Fail [Perché le nazioni falliscono] – è tra coloro per cui questa seconda rifondazione dell'Unione "è già cominciata". In un'intervista a El País, Acemoglu parla di due rivoluzioni fra le ultime novità europee: l'unione bancaria e gli esami preventivi dei bilanci nazionali. In particolare l'unione bancaria assomiglia a una metamorfosi, a un cambiamento della natura stessa dell'Europa.

Il club dell'euro è sempre stato ossessionato dai vizi pubblici e dall'inflazione, una sorta di eredità della storia tedesca. L'euro si è dotato di meccanismi di controllo del settore pubblico (la cui credibilità è piuttosto dubbia, come si è visto a Maastricht). Tuttavia si pensava che i mercati si sarebbero autoregolati e che i vizi del settore privato si sarebbero corretti da soli. In altre parole non sarebbe stato necessario prestarvi attenzione. La crisi però ha mostrato l'inesattezza di questa tesi: "Se l'unione bancaria non ridurrà le sue ambizioni, l'Europa vivrà un cambiamento radicale che potrebbe aiutarla a correggere i suoi squilibri", prevede Acemoglu.

In fin dei conti se non ci saranno ulteriori problemi l'Europa comincerà ben presto a risvegliarsi. In questo contesto il ruolo della Bce in quanto organo di regolazione bancaria è fondamentale. "Bisogna continuare a risanare le finanze pubbliche e a riformare, ma con l'unione bancaria l'Europa apre la porta ad altre forme di vulnerabilità. Per la Bce sarà una vera e propria immersione nella realtà, una caduta dall'Olimpo", conclude una fonte a Bruxelles. (Traduzione di Andrea De Ritis)

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