Pensare Globale e Agire Locale

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venerdì 31 gennaio 2014

ITALIA - L’intesa BR contro la democrazia


Il telefono squilla e mi risponde lui con la sua inconfondibile voce. Rino Formica è sempre un fiume in piena. E risponde senza domande. Con ragionamenti, ricordi, previsioni sempre ludici, avvolgenti. Conditi con pepe e aceto. Con graffi come quelli d’un gatto che ti punta.

“Lasciate perdere il 4,5 o 4,7 per cento”, sostiene deciso. Mi viene in mente De Gregori: “Non è mica da questi particolari che si giudica” … un socialista. “Ci sarebbe una grande battaglia di democrazia. Questo è il punto di fondo. La questione è semplice. La ponemmo noi socialisti nel 1993 con una proposta di legge che riteneva l’introduzione del maggioritario incompatibile con l’architettura della nostra Costituzione. Il nostro equilibrio dei poteri è regolato dal proporzionale. Se introduciamo il maggioritario dobbiamo intervenire sul quorum per l’elezione dei giudici della Corte e del Csm, sui quorum per l’elezione del presidente della Repubblica, anche sulla soglia necessaria per l’approvazione dei regolamenti delle Camere e sullo stesso articolo 138 per le modifiche costituzionali.
Noi prevedevamo allora il referendum confermativo anche in presenza dei due terzi alla Camera e al Senato. La legge venne approvata dalla Camera poi saltò il banco e ci furono le elezioni. Teniamo presente che già nell’inverno del 1947 Antonio Giolitti, allora comunista, propose l’introduzione in Costituzione della legge elettorale proporzionale, essendo essa stessa il perno su cui la Costituzione era stata costruita. E ricordo anche che nel 1995 tutti i gruppi presentarono una legge per modificare la Costituzione. Gli ex democristiani e gli ex comunisti fecero un progetto più organico per modificare le quattro questioni prima richiamate. Ma oggi siamo al paradosso. Non si propone solo il maggioritario, ma un sistema che permette di vincere con la minoranza, cioè col 37 per cento. E di andare al ballottaggio anche se prendi meno. E per di più con la logica delle coalizioni i grandi partiti anche se prendono poco più del venti per cento assorbiranno i voto dei minori che non raggiungono il quattro e mezzo e col venti rischiano di salire al 53. Pazzie. Roba da accordo BR, Berlusconi-Renzi. Sì, il compromesso Bierre. Con doppia fucilazione. Dei partiti minori e delle opposizioni dei grandi partiti, con i listini bloccati. In Italia c’è il tripolarismo, non il bipolarismo. E allora ecco che Renzi e Berlusconi introducono per legge il bipolarismo. In realtà c’è un quarto polo, il più consistente, quello delle astensioni. Che viene oggi sondato al 32 per cento”.
Cerco di inserirmi a fatica. Passo al Formica profeta. Alla zingara Formica che legge il futuro. Osservo che parte del Pd potrebbe approvare l’introduzione delle preferenze, assieme a grillini, Sel e altri e gli chiedo se a quel punto Berlusconi potrebbe far saltare il banco. Mi risponde che a suo giudizio Berlusconi il banco lo farà saltare sul Senato.

“Aspetterà le europee, e se gli andranno bene, magari con la legge elettorale ancora aperta, chiederà le elezioni in autunno con il proporzionale”.
E Renzi? Gli chiedo una sua previsione. E lui mi allunga un altro graffio: “Renzi è un condannato a vincere. Se perde una sola mano viene lapidato. Può cadere sulla legge elettorale. Magari su un emendamento che riguarda il Senato. Che senso ha fare un legge elettorale per un’Istituzione che si vuole sopprimere? Poi perché eliminare la sua eleggibilità? Occorrerebbe invece un Senato delle garanzie e delle tutele democratiche, un consesso dove si eleggono i giudici costituzionali e del Csm, si vigila e i promuovono i trattati”.
E siamo alla crisi della democrazia come l’abbiamo vissuta in Italia. Siamo alla web democrazia. Siamo alla fine dei partiti. Al massacro dei piccoli e delle opposizioni nei partiti. Alla massima centralizzazione e personalizzazione della politica. All’estetica e alla oligarchia della politica. E Formìca mi lascia un ultimo graffio.

“Quei 120 collegi saranno un nuovo ente decisivo. Non più comunale, provinciale, regionale. I parlamentari dei centoventi collegi si riferiranno al loro collegio, non saranno più parlamentari dello Stato che è ormai in frantumi”.

Mauro Del Bue

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