Pensare Globale e Agire Locale

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giovedì 6 marzo 2014

UCRAINA - Ecco come la strategia italo-tedesca può sbrogliare la matassa ucraina


E’ difficile dire chi abbia vinto e chi abbia perso nella vicenda ucraina. Bisognerebbe conoscere gli obiettivi di Putin. Secondo taluni, i suoi obiettivi erano limitati alla sola Crimea. Secondo altri, sarebbero stati più ambiziosi. Lo “zar” si sarebbe proposto di “finlandizzare” l’intera Ucraina, riportandola nell’orbita di Mosca. Sarà impossibile saperlo.

A parer mio, Putin si sarebbe comportato a seconda delle circostanze. Senza reazione occidentale, si sarebbe spinto dalla Crimea alle regioni russofone e russofile dell’Ucraina orientale e meridionale. Non penso però che si proponesse di conquistare l’intero Paese. Se avesse fatto avanzare le sue truppe, avrebbe verosimilmente dovuto fronteggiare una reazione militare da parte ucraina e una nuova guerra fredda con l’Occidente.

I COSTI DELL’OCCUPAZIONE
I costi dell’occupazione sarebbero stati enormi. La guerriglia ucraina contro l’Armata Rossa, pur vittoriosa nella “Grande Guerra Patriottica”, continuò per una decina di anni dopo la fine della guerra, pur senza gli aiuti esterni che questa volta non le sarebbero mancati. La Russia non sarebbe in grado di sostenere una nuova guerra fredda con l’Occidente. La Russia non è una “piccola URSS”. In primo luogo, non lo sarebbe finanziariamente. Sanzioni finanziarie avrebbero grandemente colpito la base della siua ricchezza. Il 70% delle sue esportazioni e il 50% del bilancio statale dipendono dalle materie prime. Le sue industrie manifatturiere sono tecnologicamente arretrate, con l’eccezione di quelle degli armamenti, nucleare e spaziale. La modernizzazione di quelle che producono beni di consumo è poi improbabile. Lo impedisce la supremazia che ha al Cremlino la fazione dei siloviki, uomini del potere provenienti dai servizi di sicurezza. Essi dominano l’industria estrattiva, che hanno espropriato agli oligarchi del periodo Eltsin.

VULNERABILE ALLE SPECULAZIONI
Sanno che il loro potere diminuirebbe se si creasse una diffusa classe media imprenditoriale, a capo delle industrie produttrici di beni di consumo. La Russia è destinato rimnere un “petrostato”. Come tale continuerà ad essere vulnerabile alla speculazione dei mercati delle materie prime. In tutto il mondo esse sono pagate in dollari e soggette ai crediti concessi dalle grandi banche americane. Sono persuaso che anche nel caso ucraino esse ci abbiano “messo lo zampino”, forse perché indotte a farlo da Washington. Non credo che l’aumento della fuga di capitali e il crollo della borsa di Mosca siano dovuti solo alla “mano invisibile del mercato”. Tanto invisibile non lo è mai. La “bacchettata” che il Cremlino ha subito dato all’incauto funzionario, che aveva proposto di svincolarsi dal dollaro e di farsi pagare le esportazioni in rubli, prova che i dirigenti russi conoscono bene come funziona il mercato delle commodities.

GLI OBIETTIVI DI PUTIN
In conclusione, penso proprio che gli obiettivi di Putin fossero limitati alla sola Crimea o che lo siano divenuti per quanto successo al rublo e alla borsa.
La strategia seguita da Putin è un tipico caso di strategia indiretta, secondo le modalità definite come “strategia del carciofo”. Il modello è simile a quello seguito da Hitler negli anni trenta, per erodere progressivamente le clausole imposte alla Germania a Versailles. La “strategia del carciofo” è quella dei piccoli passi – simili a quelli già fatti da Putin nel 2008 in Abkazia e in Ossezia del Sud ai danni della Georgia – di iniziative effettuate in regioni tutto sommato marginali per i potenziali avversari. Ciascuna di queste aggressioni successive, ad effetto geopolitico cumulativo, sono tanto piccole da non provocare una pesante escalation.

L’INTERVENTO SUL RUBLO
L’intervento finanziario degli USA è stato simile a quello che Washington aveva effettuato nel 1956 in occasione dell’attacco all’Egitto della Gran Bretagna e della Francia. La speculazione al ribasso della sterlina aveva costretto Londra a ritirarsi. Quella avvenuta sul rublo e sulla borsa di Mosca ha certamente convinto Putin alla cautela. Non ha quindi esteso l’intervento alle regioni nordorientali e meridionali ucraine. Anche il governo di Kiev ha scelto la massima cautela. Ha ordinato alle sue truppe schierate in Crimea di non sparare. Quello che rimarrà nell’immaginario collettivo sarà la sfilata dei 200 soldati ucraini disarmati, che cantavano l’inno nazionale, di fronte alle imbarazzate forze speciali russe, mascherate come se fossero al Carnevale, che sparavano per aria forse per sentirsi meno a disagio.

DIPENDENTE DA MOSCA
Una reazione violenta avrebbe reso impossibile qualsiasi compromesso. Sulla sua possibilità conta il governo di Kiev, che sa bene quanto l’economia dell’Ucraina dipenda dalla Russia. Non per nulla ha inviato a Mosca, per trattare con il suo vecchio amico Putin, la “Giovanna d’Arco” ucraina, Yulia Timoshenko – che in effetti tanto “Giovanna d’arco” non è mai stata.
Ma come andrà a finire? Il ministro degli esteri russo Lavrov ha rifiutato a Parigi di incontrare il ministro degli Esteri del governo provvisorio ucraino, affermando che non rappresenta legittimamente il suo Paese. Stati Uniti e Unione Europea hanno raggranellato un po’ di soldi per fronteggiare le esigenze immediate di Kiev. Ma sostenere per sempre un Paese di 46 milioni di abitanti, come è l’Ucraina, supera le possibilità dell’Occidente. Sarebbe come versare acqua in un secchio senza fondo.

IL SOSTEGNO FINANZIARIO
Occorre che al sostegno finanziario del Paese concorra anche la Russia. Almeno dovrebbe ridurre il prezzo del gas, come era stato promesso al fuggito presidente Yanukovich, e non ostacolare le importazioni dall’Ucraina. In cambio, l’Ucraina potrebbe rinunciare alla Crimea, che ha ormai perso, garantire a Mosca di non accettare sul suo territorio forze occidentali e un libero accesso al porto di Odessa, e permettere lo schieramento di una missione dell’OSCE per controllare che siano garantiti i diritti dei russo-ucraini. Non conviene a nessuno spingere il confronto oltre un certo punto. La linea seguita dalla Germania e dall’Italia mi sembra vincente. La Russia resta essenziale per il ritiro delle truppe NATO dall’Afghanistan e per la soluzione delle crisi siriana e iraniana.

Carlo Jean

 

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