Pensare Globale e Agire Locale

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mercoledì 16 aprile 2014

ITALIA - Pd, Renzi e D'Alema: torna il gelo

Il lìder Massimo minaccia col ddl Chiti. Il premier lancia Fassino in Ue. E le minoranze sguazzano.
Sommovimenti sotterranei scuotono la quiete (apparente) della minoranza interna al Partito democratico.
16 Aprile 2014 - Dopo la nascita della corrente dei riformisti, composta da ex bersaniani, Giovani turchi e cuperliani pentiti, l’area che si oppone al segretario Matteo Renzi si «arricchisce» ora di un altro gruppo, stavolta senza nome, che punta a invertire il trend positivo che si è creato nei circoli a favore del rottamatore.
IL RITORNO DEL LÌDER MASSIMO. L’animatore di questa «nuova proposta» è una vecchia conoscenza della sinistra italiana, Massimo D’Alema, ritornato in campo dopo un periodo di assenza volontaria per riorganizzare le idee e le truppe.
L’obiettivo è quello di costringere il leader a scendere a patti, recuperare tutte le anime dem che non si riconoscono nel processo riformatore renziano, ma anche - suggeriscono gli spifferi di Palazzo - per alzare la pressione su Renzi in vista delle composizione della prossima Commissione europea.
LA TREGUA CON RENZI. Non è un mistero: Baffino aspira a una poltrona nell’esecutivo continentale, tanto che nelle scorse settimane aveva stretto un patto di non belligeranza proprio con l’odiato ex sindaco di Firenze.
I due si erano fatti vedere insieme alla presentazione dell’ultimo libro di D’Alema sull’euro e l’Europa (Non solo euro), si erano scambiati affettuosi messaggi a mezzo stampa e il loro rapporto sembrava ormai incardinato verso una collaborazione leale sebbene su posizioni divergenti.
FASSINO IN POLE PER LA COMMISSIONE. Ma negli ultimi giorni qualcosa è cambiato, tanto che a Palazzo Chigi inizia a circolare la voce che il premier stia facendo più di una riflessione su Piero Fassino per il ruolo in Europa.
Il sindaco di Torino è un sostenitore di Matteo da tempi non sospetti, ha una caratura internazionale importante, ottimi contatti nel Partito socialista europeo e, soprattutto, non giocherebbe mai tiri mancini al proprio leader.
Caratteristiche che al rottamatore sicuramente piacciono, ma che non sono comunque sufficienti a giustificare un cambio di verso così estremo e repentino.

Chiti, il ddl della discordia


Abbiamo ascoltato le confidenze di molti esponenti della minoranza democratica, che sabato 12 aprile erano a Roma per la reunion organizzata da Gianni Cuperlo. E quasi tutti, a parte qualche «inguaribile ottimista», hanno indicato nella presentazione del ddl Chiti il pomo della discordia tra Renzi e D’Alema.
LA RIFORMA ALTERNATIVA. Il senatore toscano, una vita nel Partito comunista prima, e nel Pds/Ds poi, ha infatti elaborato un testo alternativo a quello del governo per riformare il Senato. Testo (sottoscritto da 22 colleghi) secondo il quale l’assemblea di Palazzo Madama sarebbe dimezzata, non voterebbe più la fiducia né la legge di Stabilità, ma conserverebbe eleggibilità e competenze su leggi costituzionali, trattati europei e voce norme sui diritti fondamentali.
Secondo le fonti «quella è stata la mossa di Massimo per costringere Matteo a non tradire i patti stretti con lui per Bruxelles». Un «bluff», detto in parole povere, utile per tenere sulla corda il premier, che aveva iniziato a riflettere sull’accordo, dopo aver ricevuto continue critiche dalla sua Base per la scelta di appoggiare il «nemico numero 1» di tutti i renziani.
IL GIOCO DI FORZA. E così, bluff o meno, il premier ha rilanciato cominciando a mettere in giro le voci su Piero Fassino come prossimo commissario europeo. Un gioco di forza (tutto politico), insomma, che si sta trasformando in qualcosa di più grosso. E forse anche in un boomerang, almeno per uno dei due giocatori.
Perché intanto è partita la corsa a mettere il cappello sull'affaire Chiti. Ognuno col proprio scopo: i civatiani per appoggiarlo e difenderlo nella speranza di colpire il segretario, l'opposizione dialogante per neutralizzarlo e vantare un credito al momento in cui si dovranno trattare le posizioni di potere nel partito. (Dario Borriello)

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