Dire “Ho la partita Iva”
per molti oggi equivale a dire: “Ho una malattia incurabile”. Eppure aprire la
partita Iva non è per forza un male, lo diventa quando è una finta partita Iva
(chi svolge un lavoro da dipendente mascherato da autonomo) o quando la si apre
senza sapere a cosa si va incontro. Ecco 10 consigli del commercialista per non
rimanere fottuti.
1. Se il tuo datore di lavoro vuole farti passare dal
contratto attuale alla partita Iva sai già che perderai ogni tutela e buona
parte dello stipendio. Potresti rimanere fottuto.
2. Se ricorrono almeno due di queste
condizioni devi sapere che sei una finta partita Iva, ovvero una
persona che svolge un lavoro dipendente mascherato da lavoro autonomo.
3. Fino ai 35 anni puoi usufruire del regime fiscale dei
minimi, che consiste in una tassazione totale di circa il 33% di quello che
guadagni, così divisi: 5% di Irpef e 28% di Inps. Questo discorso vale
per chi ha la “gestione separata”, cioè tutti quei lavoratori generici che non
usufruiscono di casse previdenziali di settore (come giornalisti, avvocati,
commercianti) e con la clausola che i ricavi siano entro i 30.000 euro l’anno (per
l’anno in corso il limite potrebbe aumentare a 65.000). Superati i 35 anni e i
30.000 euro di reddito l’Irpef sale dal 5% al 23% creando una pressione
contributiva totale del 51%. Insomma, se hai più di 35 anni sei un po’
fottuto.
4. Alla pressione contributiva devi aggiungere
gli acconti sulle tasse dell’anno successivo. Funziona così: tra giugno e
agosto 2014 inizierai a pagare le rate delle tasse relative alla tua
dichiarazione dei redditi del 2013. Ma assieme a queste dovrai pagare anche
l’acconto sulle tasse dell’anno successivo, quindi sul 2014 che è in corso (che
in teoria dovresti pagare nel 2015). Questo acconto consiste nel 50% di quanto
hai appena pagato per le tasse del 2013. In breve: hai dichiarato 21.000 euro
di ricavi per il 2013 e hai pagato 7.000 euro (33%) di tasse? Bene, dovrai
pagare subito altri 3.500 euro, come acconto dell’anno successivo. Questa cifra
verrà poi scalata dalle tasse che ti ritroverai a pagare l’anno successivo. Ma
non te ne accorgerai neanche, perché l’anno successivo ti ritroverai a pagare
comunque l’acconto dell’anno dopo ancora, il 2015. E così via.
5. Difficilmente potrai fare a meno di rivolgerti e
pagare un commercialista per fare la dichiarazione dei redditi. Vuoi provarci?
6. La partita Iva per essere sostenibile prevede che
tu, svolgendo il tuo lavoro, abbia dei costi. La benzina per l’auto, metà
di quanto spendi per l’affitto se lavori in casa, i biglietti del treno o di
aereo, il ristorante: tutte queste cose si possono detrarre, ma non tutte al
100%. Hai ricavi per 21.000 euro l’anno? Bene, se hai avuto 6.000 euro di
costi, il tuo reddito è di 15.000 euro, e su quelli pagherai un terzo di tasse
(al regime dei minimi). Se nel tuo lavoro non hai costi aprire una partita Iva
è difficilmente sostenibile. Facciamo un esempio: su un reddito lordo di 12.000
euro – i miseri mille euro al mese – ci si trova a dover pagare 4.000
euro di tasse più 2.000 di acconto e 1.000 (circa) di commercialista. Un totale
di 7.000 euro di tasse, e in tasca ne rimangono meno della metà, 5.000. Oltre i
35 anni, poi, si paga molto di più. Insomma, se non fai i conti sei fottuto.
7. Se usufruisci del regime fiscale dei minimi puoi
detrarre un elenco molto ristretto di costi, diversamente da chi ha più di 35
anni, che paga un 51% di tasse (28% Inps + 23% Irpef) ma può detrarre molte più
cose.
8. La cosa migliore che puoi fare è capire in anticipo,
mese per mese, quanti costi dovrai fare entro la fine dell’anno per abbassare
il reddito, e pagare una cifra sostenibile di tasse.
9. Metti da parte un terzo (o più) dei tuoi guadagni dal
primo momento: così facendo eviti il rischio, molto comune, di non rientrare
più con le cifre una volta che inizierai a pagare le tasse.
10. Non avrai alcun diritto o tutela: ammortizzatori
sociali, malattia, assicurazioni o ferie. Ti capita una disgrazia, il tuo
committente ti abbandona da un giorno all’altro? Sei fottuto. Non dire che
non te l’avevamo detto.
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