Un
schifo morale, non terrorismo
Molte
famiglie ebree sarebbero ben felici di riportare in vita i loro cari uccisi in
attentati terroristici in cambio di qualche graffito offensivo sui muri delle
loro case
Di Nadav Shragai
Gli attacchi comunemente noti in Israele con
una locuzione grossomodo traducibile come “fargliela pagare” sono uno schifo
morale e sono contro ogni valore ebraico. Gli autori di queste azioni si
pongono al di sopra della legge, ledono persone innocenti, trascinano segmenti
pacifici di una minoranza dell’opinione pubblica nella spirale dell’odio e del
conflitto, gettano benzina sul fuoco della discordia tra ebrei e musulmani. Gli attacchi della serie “fargliela pagare” fanno il
gioco dei nemici di Israele, in patria e all’estero, e rafforzano le tesi di
chi demonizza Israele. Sono azioni che hanno la capacità potenziale di ampliare
le dimensioni del terrorismo anti-ebraico e anti-israeliano, sia all’interno di
Israele che in altri paesi, e di convincere ad aderirvi persone che di per sé
se ne starebbero ai margini del conflitto.
Gli attacchi “fargliela pagare” sono anche
molte altre brutte cose, che è possibile o non è possibile prefigurare in
questo momento. Ma una cosa non sono: terrorismo. A questo proposito la
Ministra della giustizia Tzipi Livni e il procuratore generale Yehuda Weinstein
si sbagliano di grosso.
Molte famiglie ebree sarebbero ben felici di
riportare in vita i loro cari, uccisi in attentati terroristici, in cambio di
qualche graffito offensivo sui muri delle loro case. Slogan razzisti vergati in
un villaggio arabo, anche su una moschea, non sono sullo stesso piano
dell’assassinio a freddo di bambini, o della devastazione e del lutto che gli
attentatori suicidi hanno lasciato dietro di sé durante lo scorso decennio. Il
coltello che fora le gomme di un’auto in un villaggio arabo non è lo stesso
coltello che ha tagliato la gola della piccola Hadas Fogel, tre mesi di vita, e
degli altri quattro membri della sua famiglia, a Itamar.
La rabbia e la paura che prova oggi il dottor
Khater Nashad, il cui studio dentistico a Yokneam è stato recentemente
vandalizzato con le parole “morte agli arabi” vergate con la vernice a spruzzo
su un muro adiacente, sono comprensibili e giustificati. È chiaro che si tratta
di un gesto imbecille e vergognoso. Ma i suoi gravosi sentimenti non hanno
nulla a che vedere con quelli della famiglia Applebaum. Il dottor David
Applebaum, direttore del pronto soccorso dello Shaare Zedek Medical Center di
Gerusalemme, e la sua figlia ventenne Nava, che era alla vigilia del
matrimonio, sono stati uccisi da un attentatore suicida nel settembre 2003
mentre cenavano in un bar. L’orrore di Nashad non ha nulla a che vedere con
l’orrore e la sofferenza patiti da Avi Ohayon, i cui due figli sono stati
uccisi a sangue freddo in un attacco terroristico al kibbutz Metzer insieme
alla loro madre, che aveva cercato di fare scudo col proprio corpo per
proteggere i piccoli.
La nostra terra è piena di lutti e dolori
causati dal terrorismo e da aggressioni violente. Ora c’è chi vorrebbe
alimentare questi attacchi con reati razzisti contro gli arabi. Ma una cosa
sono reati che danneggiano le proprietà e seminano odio, altra cosa il
terrorismo che sparge sangue e semina morte. Non sono la stessa cosa. Chi
definisce “terrorismo” gli attacchi del genere “fargliela pagare” svilisce il
sacrificio cui sono state costrette le migliaia di famiglie delle vittime del
terrorismo, così come il dolore delle decine di migliaia tra noi che sono stati
feriti in quegli attentati. Chiunque tracci un parallelo tra il vandalismo
contro le proprietà, da una parte, e le vite stroncate dall’altra, minimizza
ciò che è veramente il terrorismo, un po’ come quelli che gridano e sbraitano
di “nazismo” e “olocausto” ad ogni piè sospinto.
Non c’è simmetria, né per dimensioni né per
gravità, tra il terrorismo arabo con le sue vittime, e gli attacchi del tipo
“fargliela pagare” con i loro danni. Reati di matrice razzista vengono compiuti
in continuazione contro gli ebrei, ma le svastiche trovate sulle lapidi del
cimitero del Monte degli Ulivi a Gerusalemme o le sinagoghe date alle fiamme ad
Harish, Lod e Ramle sono meno “stuzzicanti” e raramente se ne sente parlare. I
reati di matrice razzista sono da entrambe le parti uno schifo e una patologia.
Ma il terrorismo è un’altra cosa.
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