Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 14 giugno 2014

ITALIA - Assemblea Pd, Renzi e i malumori dei democrat


Senatori dissidenti. Ipotesi scissione. Delusione di bersaniani e lettiani per la presidenza a Orfini. Le nuove grane del leader democrat. Che medita la rottamazione del partito a livello locale.

POLITICA

Sabato, 14 Giugno 2014 - Le assemblee del Partito democratico. Potrebbe essere questo il titolo di un libro sul nuovo Pd. Genere spy story, ovviamente.
Perché mentre il leader democrat Matteo Renzi celebrava la vittoria alle Europee e alle Amministrative, con uno sfondo enorme per accogliere la gigantografia di quel 40,8%, che è ormai il suo miglior biglietto da visita in Italia e all'estero, ai margini dell'assise si continuava a parlare del caso Mineo (tornato ad attaccare l'ex rottamatore) e dello scontro che ha prodotto la presidenza di Matteo Orfini.
SOLO TOCCI CONTRO RENZI. Le due vicende non sono strettamente collegate, ma rischiano comunque di minare quell'unità ritrovata, di cui ha parlato il premier nella sua relazione introduttiva.
Anche se a bacchettare il segretario, durante l'assemblea nazionale, è stato il solo Walter Tocci, la fronda dei senatori autosospesi potrebbe trasformarsi in qualcosa di più, dopo le sostituzioni di Corradino Mineo e Vannino Chiti dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama.
RITORNA L'IPOTESI SCISSIONE. L'ipotesi scissione, infatti, non è ancora tramontata, e ora diventa quasi un'esigenza per quei parlamentari che credono di aver subito un torto dal «giovane, arrogante» Matteo.
Occorre però un progetto politico valido, una piattaforma funzionale, un leader ed eventualmente alleati strategicamente rilevanti.
LE MOSSE DI PIPPO CIVATI. Per ora ci sono soltanto due di questi quattro elementi: la sinistra moderna, ma ancorata alle tradizioni e l'embrione di quel Nuovo centrosinistra (Ncs) di conio civatiano. Proprio Pippo Civati diventa il nodo cruciale di tutta questa vicenda. Anche a sua insaputa, verrebbe da dire.
Il deputato brianzolo per ora non lascia la trincea dem e resta con l'elmetto ben piantato sulla testa.
CONVINCERE GLI EX GRILLINI. Ma se il gruppo dei senatori dissidenti riuscisse a non sfaldarsi, o addirittura a convincere i grillini espulsi e fuoriusciti (dopo mesi di dibattito pare abbiano trovato la quadra e sono pronti a formare il gruppo autonomo guidato da Luis Orellana) a fare fronte comune, sarebbe difficile, per l'ex rottamatore, resistere al richiamo della foresta.

Dissapori interni dopo l'elezione di Orfini alla presidenza del partito


L'ipotesi di scissione, però, non sarebbe l'unico dei problemi a cui Renzi dovrebbe far fronte, stando alle voci dentro del partito. Perché passata la festa dell'Assemblea nazionale, il leader sarà costretto a fare i conti con i profondi dissapori che ha creato l'elezione di Orfini alla presidenza del partito.
Per quel ruolo erano convinti di avere diritto di prelazione i bersanian-lettiani di Area riformista, i quali hanno peccato di lentezza al loro interno per la scelta del candidato.
BOCCIATA DE MICHELI. La vicepresidente del gruppo dem alla Camera, Paola De Micheli, già preparava il discorso di insediamento, quando nella notte tra venerdì 13 e sabato 14 giugno, Renzi, esasperato dalla mancanza di accordo sul nome, ha imposto lo stop alle trattative e nominato il leader dei Giovani turchi.
Eppure il premier per mesi aveva lasciato campo libero all'opposizione di avanzare la propria proposta, sulla quale non avrebbe nemmeno esercitato il diritto di veto (se non in casi eccezionali).
NUOVO BRACCIO DI FERRO. La corrente ha dovuto dunque abbozzare e incassare il colpo, rilanciando il braccio di ferro al momento in cui si tratterà di comporre la nuova segreteria della 'gestione unitaria' (ma non troppo). Forse luglio, sussurrano a Lettera43.it fonti interne al Nazareno.
Anche in quel caso, però, la divisione numerica sembra già fatta: per cinque membri uscenti ne entreranno altrettanti, tre per Area riformista e due giovani turchi. Sempre nel rispetto della parità di genere.
SPARTIZIONE DEI RUOLI. L'opposizione proverà a strappare più posti e ruoli di primo livello. Anche se appare difficile, alla luce dell'enorme consenso popolare raccolto da Renzi, che possa vincere questa battaglia. Ecco perché la sfida è già carica di significati e foriera di nuovi venti di tempesta.
Oltretutto il premier sembra intenzionato a rimettere mano a diverse segreterie regionali e locali, anche se elette tra dicembre 2013 e febbraio 2014. Ci sono diverse realtà che non funzionano o non rispecchiano il cambiamento avvenuto a livello nazionale. Motivo in più per serrare le file della minoranza e resistere al ciclone renziano.
COMMISSARIO A LIVORNO? Primo campanello d'allarme è Livorno, dove il giovane leader dem è intenzionato a mandare un 'commissario' per capire le ragioni della sconfitta alle amministrative e dare avvio a un nuovo corso. Per ora si fa il nome del neo eurodeputato Nicola Danti, fedelissimo del premier.
La partita dunque è aperta. Renzi mantiene la parola data all'indomani della vittoria alle europee: «La rottamazione ora può cominciare». Dal Pd, ovviamente.


 

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