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lunedì 9 giugno 2014

ITALIA - Il caso Ercole Incalza, l'indagato che coordina le Grandi Opere


In attesa che il governo e il premier cancellino le ambiguità di chi rilascia dichiarazioni a effetto da oltre un mese, senza però intervenire a livello normativo, il doppio caso Expo-MOSE fa venire in mente un altro genere di incoerenza che l'esecutivo si trascina fin dalla nascita.
Come avevamo scritto lo scorso 1°marzo, pochi giorni dopo la presentazione della squadra di governo, le scelte di Renzi sul Ministero delle Infrastrutture avevano sorpreso in negativo, trasformando il dicastero in questione in quello degli impresentabili. Oltre al titolare Maurizio Lupi, indagato per concorso in abuso d'ufficio e confermato in continuità con Letta, il premier aveva piazzato Umberto Del Basso De Caro (indagato per peculato, inchiesta spese pazze nella Regione Campania), Riccardo Nencini (condannato dalla Corte di Giustizia Ue a restituire "455mila euro di spese di viaggio e di assistenza di segreteria indebitamente accreditate" a Bruxelles durante il periodo 1994-1999, in cui Nencini era europarlamentare) e Antonio Gentile, poi dimissionario, finito nell'occhio del ciclone per le pressioni operate su un giornale locale in Calabria, allo scopo di non far pubblicare la notizia dell'indagine in corso sul figlio Andrea. 

Ma pochi giorni prima, il 21 febbraio, era stato evidenziato come il posto di Capo struttura tecnica di Missione del Ministero (che ha il compito di coordinare le Grandi Opere) fosse in mano ad un indagato per associazione a delinquere. Il suo nome è Ercole Incalza, già finito sotto inchiesta della magistratura per 14 volte. Non ha mai ricevuto condanne definitive, in compenso in più di una circostanza è intervenuta la prescrizione.  "Il manager è di casa alle Infrastruttre e ai Lavori Pubblici. Voluto da Pietro Lunardi (secondo governo Berlusconi), confermato poi da Matteoli e Passera (governo Monti), ha a che fare con l'Alta Velocità da più di 20 anni, quando Ferrovie dello Stato (era il 1991) lo indicò come amministratore delegata della nascente TAV. Vicino al socialista Claudio Signorile, ministro dei Trasporti nei governi Craxi e considerato uno dei 'papà' dell'Alta Velocità".

Nel 1996 Incalza venne coinvolto nell'inchiesta che finirà per travolgere l'ex numero uno delle Ferrovie Lorenzo Necci. Nel 1998 finì anche in manette, accusato di aver corrotto (assieme a Necci e Pacini Battaglia) il numero uno dei GIP romani, la vecchia conoscenza delle cronache Renato Squillante e il sostituto procuratore di Roma Giorgio Castellucci, il quale aveva in mano un fascicolo per abuso d'ufficio proprio su Incalza. Castellucci ne aveva chiesto l'archiviazione in più di un'occasione, sempre respinta dal GIP. Contemporaneamente Incalza finiva in una terza inchiesta, quella sul Terzo Valico di Genova. 

Nel 2006 l'inchiesta sul Terzo Valico finì in prescrizione. Stessa sorte nel 2007 per le accuse di corruzione, prescitto assieme a Castellucci e Squillante.

Nel 2010 il nome di Incalza compare nell'inchiesta sulla 'cricca di Anemone'Protagonista ancora una volta l'architetto Angelo Zampolini (lo stesso della casa al Colosseo dell'ex ministro Claudio Scajola, oggi agli arresti con l'accusa di aver favorito la latitanza del condannato Matacena), il quale avrebbe pagato (800mila euro) parte dell'appartamento acquistato dal genero di Incalza, Alberto Donati. Incalza, secondo le ricostruzioni dell'epoca, rassegnò le dimissioni dal Ministero. L'allora ministro Altero Matteoli, oggi indagato per il MOSE, le respinse.   

Ma non finisce qui. Oggi Incalza risulta indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione nell'ambito dell'inchiesta sull'Alta Velocità in Toscana che ha visto finire agli arresti lo scorso settembre l'ex presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, presidente di Italferr (che fa parte di Ferrovie dello Stato). Nell'ordinanza del Gip si legge che l'ex governatrice avrebbe messo "a disposizione le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici e una vasta rete di contatti grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati, nell'interesse e a vantaggio della controparte Novadia e Coopsette". Incalza, secondo gli inquirenti, "portava un rilevante contributo agli obiettivi dell'associazione in quanto dirigente della unità di missione del Ministero a cui faceva riferimento l'appalto Tav di Firenze, si attivava per attestare falsamente che l'autorizzazione paesaggistica non era scaduta e che i lavori erano iniziati entro i cinque anni e successivamente attestava che le varianti al progetto non erano essenziali".

Oggi Incalza, in qualità di numero uno del Ministero sulle Grandi Opere, potrebbe trovarsi a dover interloquire anche con Raffaele Cantone, presidente dell'ANAC e 'supervisore' della task force sull'Expo a cui Renzi darà i 'superpoteri' venerdì 13 giugno. Un po' di imbarazzo?

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