In occasione del
suo insediamento, il nuovo presidente della Commissione europea Jean-Claude
Juncker ha affermato che durante il suo mandato non ci saranno ulteriori
allargamenti. La sua posizione è dettata dagli eventi in Ucraina ed è destinata
a cambiare, dichiara uno scrittore moldavo.
Vasile Gàrnet 26 luglio 2014 ZIARUL NATIONAL
Noi moldavi viviamo
assillati dalle nostre preoccupazioni interne (la fermata dei minibus, gli
scismi dei comunisti dell’ex presidente Vladimir Voronin, e così via), ma anche
dalla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. È normale, perché è impossibile
ignorare ciò che accade in casa propria, né far finta di non capire che cosa
sta accadendo dai vicini.
Nel frattempo,
l’Europa ha eletto un nuovo
Parlamento e si sono combattute violente battaglie per i posti dei
commissari nell’esecutivo europeo. Noi speriamo di disporre, nella nuova
legislatura di Bruxelles, del massimo numero possibile di amici e sostenitori,
come accadde nel precedente parlamento, quello che ha incoraggiato e reso
possibile la firma
dell’Accordo di Associazione.
Purtroppo, nel suo discorso d’insediamento, il nuovo presidente
della Commissione europea, Jean-Claude Juncker ha pronunciato una frase a dir poco
infelice per i moldavi. Ha detto infatti: “Nei prossimi cinque anni non ci
saranno ulteriori allargamenti […]. L’Ue deve prendersi una pausa nel suo
processo di allargamento, per consolidare ciò che è stato fatto nei Ventotto”.
Non intendo esprimere
un giudizio sulla saggezza della formula utilizzata dal nuovo presidente della
Commissione, né mi chiedo se per un solo istante egli abbia pensato che con le
sue parole stava soffocando le aspirazioni di milioni di europei dell’est che
vivono sotto la minaccia diretta della Russia. Questa minaccia non si traduce
semplicemente in aggressioni armate, come in Ucraina, ma anche in embargo
economici, in un’offensiva di propaganda virulenta e fascistoide, in operazioni
segrete di sabotaggio, nell’istigazione di movimenti separatisti locali, e così
via. L’arsenale a disposizione è considerevole e sembra non esaurirsi mai.
La dichiarazione del
nuovo presidente della Commissione potrà scoraggiare gli sforzi riformistici
della Repubblica della Moldavia, intrapresi da un governo che ha messo in gioco
la propria credibilità nel nome dell’idea europea, e potrebbe anche apportare
nuove motivazioni alle forze filorusse del nostro paese.
Al tempo stesso, non
vorrei fare drammi sulle dichiarazioni di Juncker: è evidente infatti che esse
vanno inquadrate in quel momento particolare, solenne, regolato da protocolli,
nel quale ha lanciato un appello alla conciliazione ai populisti euro-scettici
che hanno vinto parecchi seggi a Bruxelles. L’integrazione europea della
Repubblica della Moldavia, per quanto strano ciò possa sembrare, dipende in
gran parte da noi. Noi soli, infatti, potremo con il nostro voto [alle elezioni
legislative] del novembre 2014 portare al governo forze in grado di dar vita a
una nuova coalizione filo-europea. Questo sarà la nostra argomentazione davanti
agli euro-scettici di casa nostra e all’estero.
Noi siamo protetti
dall’Ucraina, dove si è veramente versato sangue per l’idea europea. Noi saremo
aiutati da un gruppo di paesi membri dell’Europa centrale, con il suo zoccolo
duro formato da Polonia, Paesi Baltici e Romania, che sosterranno con
determinazione la causa della Repubblica della Moldavia. E non dimentichiamo il
contributo essenziale degli Stati Uniti che, al di là degli scandali legati
allo spionaggio e alla caccia alle “talpe” russe infiltrate nelle cancellerie
occidentali, hanno anche loro voce in capitolo nella politica europea.
L’evoluzione degli
eventi in Ucraina può cambiare l’atteggiamento disfattista di Bruxelles. Le
previsioni di Juncker sono inevitabilmente momentanee e di circostanza in
un’Europa la cui agenda è redatta da una Russia totalmente fuori di senno.
Traduzione
di Anna Bissanti
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