Nei sistemi elettorali dei
maggiori paesi UE i parlamentari sono eletti via collegi o liste bloccate, o
con voti personali vincolati
Le preferenze
sono tornate protagoniste nel dibattito politico italiano in relazione alla
riforma del sistema elettorale. Nei più grandi paesi europei la selezione dei
parlamentari avviene tramite collegi uninominali oppure liste bloccate, e i
sistemi elettorali dove sono presenti le preferenze vengono vincolate a soglie
piuttosto alte per far rispettare l’ordine deciso dai partiti.
LE PREFENZE E LA NUOVA LEGGE ELETTORALE – La bocciatura del Porcellum e il mantenimento
delle liste bloccate nell’Italicum hanno risvegliato la passione per le preferenze
come metodo di selezione dei parlamentari in diversi partiti del nostro sistema
politico. In Italia i deputati ed i senatori sono stati eletti con il voto di
preferenza a partire dal 1948 fino al 1992. Le ultime elezioni svoltesi con il
sistema proporzionale registrano la novità del voto di preferenza unica,
introdotto con il referendum del 1991, diventato celeberrimo per l’invito di
andare al mare rivolto da diversi leader politici come Craxi agli italiani al
fine di difendere il vecchio sistema con un massimo di tre voti di preferenza
ad elettore. Nelle elezioni politiche del 1994, 1996 e 2001 i deputati e i
senatori sono stati eletti con il voto maggioritario nell’uninominale, più una
quota di parlamentari scelti con le correzioni proporzionali presenti nel Mattarellum. Il Porcellum ha però previsto
l’elezione in Parlamento tramite liste anche molto lunghe, fino ad un massimo
di 45 candidati nelle circoscrizioni più popolose, che sono state bocciate come
incostituzionali dalla Corte Costituzionale. La legge elettorale che è rimasta
in vigore dopo l’intervento della Consulta è così diventata un proporzionale
con diverse soglie di sbarramento (4% per liste singole alla Camera, 3% al
Senato) e preferenze per selezionare i parlamentari. Nelle motivazioni la
Consulta ha però rimarcato come la
riduzione della lunghezza delle liste al fine di favorire la conoscibilità
dell’eletto all’elettore, sarebbe costituzionalmente legittima.
Per ovviare invece alla limitazione delle liste bloccate nella nuova legge
elettorale approvata in prima lettura alla Camera dei Deputati sono stati
disegnati 120 collegi plurinominali, dove al massimo possono essere eletti sei
deputati, ed ogni lista o coalizione deve stampare sulla scheda i propri
candidati.
I GRANDI PAESI EUROPEI E LA MANCANZA DI PREFERENZE – La legge
elettorale ribattezzata Italicum è stata approvata in prima lettura alla Camera
dei Deputati nella prime settimane di marzo, ma da allora è rimasta
sostanzialmente bloccata viste le divisioni interne al PD ed anche alla
maggioranze acuite dal tormentato percorso del superamento del Senato della
Repubblica. Il ritorno delle preferenze è stato reclamato sia delle forze di
opposizione – Lega Nord, MoVimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia – sia da alcuni
settori della maggioranza. L’emendamento Gitti sulle preferenze di genere è
stato bocciato, col voto segreto, per soli 20 voti, contro i più di 100
dell’approvazione definitiva dell’Italicum, avvenuta a scrutinio palese. In
questi mesi da più parti si è sentita l’evocazione delle preferenze come indispensabile
correzione dell’Italicum, visto che questo metodo di selezione degli eletti è
già in vigore per i consigli comunali così come quelli regionali. Guardando
però all’esterno dell’Italia si nota però come il voto di preferenza sia
praticamente assente nei più grandi paesi europei, mentre dove è in vigore
viene spesso vincolato a quorum che permettono il superamento dell’ordine di
lista deciso dai partiti. Il voto di preferenza manca nei due grandi paesi
membri dell’UE, Regno Unito e Francia, dove vige un sistema elettorale
maggioritario, che a dispetto del nome è assolutamente minoritario in Europa.
L’elezione alla Camera dei Comuni si svolge nel collegio uninominale. Ogni
partito presenta un singolo candidato, e chi riceve il maggior numero dei voti
diventa deputato. Il sistema è simile in Francia, anche se la competizione nel
collegio uninominale si svolge di norma in due turni. Per essere eletti
all’Assemblea Nazionale – il Senato ha un’elezione di secondo grado – il
candidato deve superare il 50% dei voti validi espressi. Se questo non succede,
due settimane dopo si svolge un ballottaggio tra i candidati che hanno superato
una soglia minima – che si traduce nel 20% circa dei voti validi -, dove di
norma ci sono alleanze tra diversi partiti di simile ispirazione politica
oppure rinunce vista l’impossibilità del successo.
I SISTEMI PROPORZIONALI A LISTA BLOCCATA – Nella maggior
parte dei paesi membri dell’Unione Europea sono in vigore sistemi
proporzionali, e il voto di preferenza «puro» senza ordini di lista vincolanti
è minoritario. In Germania, la nazione più grande ed importante, i
deputati del Bundestag sono eletti per metà in collegi uninominali
maggioritari, dove prevale il candidato del partito che ottiene il maggior
numero dei voti espressi. Il criterio di assegnazione dei seggi è però proporzionale,
per quanto corretto da una soglia di sbarramento al 5%, e l’altra metà dei MdB,
i membri del Bundestag, è eletto nelle 16 circoscrizioni statali che
corrispondono ad ognuno dei 16 Bundesland che formano la Repubblica federale di
Germania. Nelle
federali del 2013 gli elettori hanno votato per liste bloccate
composte anche da più di 60 candidati, come per esempio in Nordreno-Vestfalia,
il Bundesland più popoloso. Le liste bloccate più corte si trovano nella città
stato di Brema, 5, e nel piccolo Bundesland della Saaland, 7.
In Spagna il Congresso dei Deputati, la camera che concede e ritira
la fiducia al governo, viene eletto con un sistema proporzionale su liste
bloccate, formate da un numero normalmente piuttosto ristretto di candidati. Le
circoscrizioni plurinominali sono 50, divise su base provinciale, con le
province meno popolose che hanno diritto ad un minimo di due seggi. I collegi
più popolosi sono Madrid e Barcellona, che nel 2011 hanno eletto 36 e 31 deputati, su liste bloccate come nelle
circoscrizioni più piccole da 2 o 3 seggi. Il nuovo leader dei socialisti,
Pedro Sánchez, è entrato al Congresso dei Deputati grazie alla rinuncia
di un parlamentare del Psoe. Nelle disastrose elezioni del 2011 Sánchez era
stato collocato in 11°posizione, ma i socialisti erano riusciti a conquistare
solo 10 deputati nella circoscrizione di Madrid. Nel vicino Portogallo c’è un
simile sistema, proporzionale con soglia di sbarramento e liste bloccate per
l’Assemblea della Repubblica.
I SISTEMI PROPORZIONALI CON PREFERENZA, SPESSO
VINCOLATA -
La Polonia è l’unico tra i più grandi paesi europei a prevedere un voto di preferenza per i deputati della Sejm, l’unica camera che concede la fiducia al governo. I membri del Senato polacco invece sono eletti in 100 collegi uninominali maggioritari. La proporzionalità del sistema elettorale della Sejm è stata inserita all’interno della Costituzione del più grande paese dell’Europa dell’Est. In altre nazioni europee, come Paesi Bassi, Austria, Belgio o Svezia ad esempio, i sistemi proporzionali consentono all’elettore l’espressione di una preferenza per il candidato preferito, ma esistono dei vincoli alla sua validità. In Austria il candidato deve ottenere un voto di preferenza pari al 7% del totale conseguito dal partito nella sua circoscrizione al fine di poter essere eletto, così da “superare” l’ordine di lista che altrimenti disciplina la distribuzione dei deputati del Nationalrat. Nei Paesi Bassi invece un candidato può essere eletto con il voto di preferenza, Voorkeurstemmen in olandese, se i suoi consensi personali raggiungono il 25% del quorum che fa scattare il seggio per i propri partiti. Un obiettivo praticamente impossibile da raggiungere, riuscito finora a pochissimi deputati. Per questo motivo l’elettorato olandese tende ad esprimere il proprio voto di preferenza per il capolista. In Svezia esiste il voto di preferenza, ma esso consente di superare l’ordine di presentazione della lista per essere eletti al Riksdag solo se un candidato ottiene l’8% dei consensi totali ottenuti dalla lista nella sua circoscrizione. In Belgio la Camera dei Deputati viene eletta con un simile sistema: gli elettori ricevono due liste. Se votano quella con i simboli dei partiti, confermano l’ordine dei candidati da loro presentato, altrimenti possono scegliere di esprimere una preferenza con l’altra scheda che ricevono. Per superare però l’ordine di elezione un candidato deve ottenere una quota rilevante del seggio. Diversi vincoli al voto di preferenze esistono anche in Danimarca, Slovacchia o Repubblica Ceca. Un quadro articolato, che rimarca come la sacralità assunta dal voto di preferenza nel dibattito politico del nostro paese sia quantomeno una peculiarità tutta italiana.
La Polonia è l’unico tra i più grandi paesi europei a prevedere un voto di preferenza per i deputati della Sejm, l’unica camera che concede la fiducia al governo. I membri del Senato polacco invece sono eletti in 100 collegi uninominali maggioritari. La proporzionalità del sistema elettorale della Sejm è stata inserita all’interno della Costituzione del più grande paese dell’Europa dell’Est. In altre nazioni europee, come Paesi Bassi, Austria, Belgio o Svezia ad esempio, i sistemi proporzionali consentono all’elettore l’espressione di una preferenza per il candidato preferito, ma esistono dei vincoli alla sua validità. In Austria il candidato deve ottenere un voto di preferenza pari al 7% del totale conseguito dal partito nella sua circoscrizione al fine di poter essere eletto, così da “superare” l’ordine di lista che altrimenti disciplina la distribuzione dei deputati del Nationalrat. Nei Paesi Bassi invece un candidato può essere eletto con il voto di preferenza, Voorkeurstemmen in olandese, se i suoi consensi personali raggiungono il 25% del quorum che fa scattare il seggio per i propri partiti. Un obiettivo praticamente impossibile da raggiungere, riuscito finora a pochissimi deputati. Per questo motivo l’elettorato olandese tende ad esprimere il proprio voto di preferenza per il capolista. In Svezia esiste il voto di preferenza, ma esso consente di superare l’ordine di presentazione della lista per essere eletti al Riksdag solo se un candidato ottiene l’8% dei consensi totali ottenuti dalla lista nella sua circoscrizione. In Belgio la Camera dei Deputati viene eletta con un simile sistema: gli elettori ricevono due liste. Se votano quella con i simboli dei partiti, confermano l’ordine dei candidati da loro presentato, altrimenti possono scegliere di esprimere una preferenza con l’altra scheda che ricevono. Per superare però l’ordine di elezione un candidato deve ottenere una quota rilevante del seggio. Diversi vincoli al voto di preferenze esistono anche in Danimarca, Slovacchia o Repubblica Ceca. Un quadro articolato, che rimarca come la sacralità assunta dal voto di preferenza nel dibattito politico del nostro paese sia quantomeno una peculiarità tutta italiana.
Andrea Mollica
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